Citando Tarek Iurcich, ogni canzone è come una rotta per arrivare ad un’isola. Essa ci porta ad esplorare nuovi luoghi dell’anima. La musica riesce ad aumentare il livello di complessità con cui poter esprimere degli stati, veicolando messaggi con un’intensità unica. E’ difficile pensare ad un’esistenza senza musica, ne siamo attratti come una calamita. Razionalizzare, spesso, fa perdere un po’ quella patina di magia, ma oggi proveremo a capire un po’ da dove proviene questa così potente forza d’attrazione: perchè la musica è fondamentale nelle nostre vite?
Perchè abbiamo bisogno di sentire musica quando siamo tristi?
Il nostro cervello emette delle onde elettromagnetiche che costituiscono la sua attività, esse sono diverse a seconda degli stati di coscienza e delle fasi dell’attività cerebrale. La musica emette delle onde con frequenze simili, che il nostro cervello decodifica ed associa a diversi stati di coscienza; provocando diverse relazioni come il rilassamento o l’eccitazione.
Ecco spiegata, ad esempio, quella strana sensazione di catarsi nell’ascoltare musica triste quando si è giù di morale, a volte la musica aiuta non a dimenticare il dolore ma a viverlo e superarlo; ponendosi sul piano delle tue attuali emozioni. Possiamo dire che la sinfonia parte, dunque, da questa sincronia insita in questa decodifica, dove è coinvolta praticamente ogni parte del cervello. La musica arriva all’archi-corteccia dove sono custoditi i nostri ricordi, tanto è vero che persone affette da perdita di memoria o demenza senile hanno recuperato memorie sotterrate in sé grazie ad una canzone che gli evocava qualcosa. Ma non solo, la musica agisce sul bulbo alterando il respiro e la frequenza cardiaca, fino ad arrivare all’ipotalamo dove avviene il rilascio di dopamina (il neurotrasmettitore del piacere, che funziona anche per il cibo ed il sesso).
Che cos’è l’effetto Mozart e le altre ricerche musicali
Il percorso fra le aree del cervello può essere a tappe in presenza di brani strutturati, come in un brano progressivo dei Pink Floyd. Nella fase di tensione del brano, verso quella che sarà la rottura, viene interessata la parte cognitiva e quella motoria, avendo effetti positivi sulla coordinazione dei nostri movimenti. Per quanto riguarda l’attività cognitiva è stato addirittura teorizzato il cosiddetto “effetto Mozart”, secondo il quale l’ascolto della “Sonata in Re Maggiore per due pianoforti” (KV448) è in grado di provocare un temporaneo aumento delle capacità cognitive, ovvero semplicisticamente renderci più intelligenti per un po’.
Successivamente nella fase esplosiva o di risoluzione vengono coinvolte le risposte emotive più profonde, con la musica che riuscirà a coinvolgere entrambi gli emisferi cerebrali. Ritornando alla metafora della rotta, dunque, il brano ci porterà nella proiezione di quel luogo emotivo che l’artista ha mappato per noi con le note. Questo perché la musica usa le stesse aree del linguaggio ma esce dai confini della carta, rilasciando coordinate non esprimibili con dei caratteri. Uno scambio di battute fra due musicisti che improvvisano è molto simile ad una vera conversazione cerebralmente parlando, ma la connessione che i due possono instaurare è molto più intima e naturale.
Le ricerche intanto in materia proseguono, e di recente è stato progettato un nuovo scanner di risonanza magnetica funzionale in grado di percepire come i diversi sotto-sistemi neurali reagiscono agli stimoli musicali “decodificando” le emozioni. Ricercatori, sono pronti ad usare questi nuovi strumenti per aiutare persone che fanno fatica a confinarsi nel linguaggio tradizionale ed esprimere le proprie emozioni e desideri, come i soggetti affetti da autismo.