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Le migliori 40 canzoni di Fabrizio De Andrè

Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers

Il primo album di inediti pubblicato da Fabrizio De Andrè si chiude con un brano che è frutto della grande amicizia con Paolo Villaggio, che matura in una collaborazione artistica che – ancora una volta – sovverte l’indagine storica: Carlo Martello, frutto di una mitizzazione storica che lo rende tra i migliori franchi di sempre, è visto come un personaggio vecchio, grasso e stanco e che cede alle lusinghe sessuali di una dama dai facili costumi che, addirittura, ha aumentato il prezzo di una sua prestazione.

E’ celebre, chiaramente, il linguaggio aulico che adorna un brano che di contenutisticamente aulico ha ben poco.

Verranno a chiederti del nostro amore

Altra canzone d’amore tra le 40 più belle che siano state realizzate da Fabrizio De Andrè. Il brano, contenuto all’interno di Storia di un impiegato, è l’unico che Faber ha salvato di un album ritenuto non abbastanza mordente per i tempi. Cristiano De Andrè ha fornito un emotivo ricordo di una canzone che, per la prima volta, ha ascoltato direttamente dal buco della serratura: De Andrè la dedicò alla sua prima moglie, che restò incredibilmente commossa.

Cantico dei drogati

Contenuto all’interno di Tutti Morimmo a Stento, il Cantico dei Drogati di Fabrizio De Andrè è un interminabile e meraviglioso brano, ispirato alla poesia “Eroina” di Riccardo Mannerini. Come ha dichiarato lo stesso cantautore genovese: «Riccardo Mannerini era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perché quando navigava su una nave dei Costa una caldaia gli era esplosa in faccia. È morto suicida, molti anni dopo, senza mai ricevere alcun indennizzo. Ha avuto brutte storie con la giustizia perché era un autentico libertario, e così quando qualche ricercato bussava alla sua porta lui lo nascondeva in casa sua. E magari gli curava le ferite e gli estraeva i proiettili che aveva in corpo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati, che per me, che ero totalmente dipendente dall’alcool, ebbe un valore liberatorio, catartico. Però il testo non mi spaventava, anzi, ne ero compiaciuto. È una reazione frequente tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. Io mi compiacevo di bere, anche perché grazie all’alcool la fantasia viaggiava sbrigliatissima. Mannerini mi ha insegnato che essere intelligenti non significa tanto accumulare nozioni, quanto selezionarle una volta accumulate, cercando di separare quelle utili da quelle disutili. Questa capacità di analisi, di osservazione, praticamente l’ho imparata da lui. Mi ha anche influenzato a livello politico, rafforzando delle idee che già avevo. sicuramente è stata una delle figure più importanti della mia vita.»

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