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5 cose a dir poco scioccanti che non sapevi sull’industria musicale

Quando parliamo di “industria musicale” stiamo trattando -in realtà- una serie di fattori: etichette discografiche, piattaforme digitali (per sponsorizzazioni, divulgazioni e recensioni), riviste musicali (fisiche e non), portali di download a pagamento, rete di distribuzione e tanto altro ancora. E, se una band si configura ‘semplicemente’ come un gruppo di amici pronti a creare qualcosa in nome dell’Arte, inizierà ben presto a fare i conti con l’aspetto commerciale del business musicale che trasformerà -inevitabilmente- l’Arte in un prodotto come tanti. Aggiungeteci poi un pizzico di tendenze social, il desiderio di essere una celebrità conosciuta in tutto il mondo, un paio di affari loschi, è la minestra è bella che pronta. Oggi siamo qui per affrontare proprio questo genere di cose, raccontandovi 5 cose a dir poco scioccanti sull’industria musicale.

5 cose a dir poco scioccanti sull’industria musicale: I ricavi in media di un artista

L’industria musicale, vista da fuori, può sembrare un mondo affascinante (è in realtà lo è per davvero), ma se iniziamo a soffermarci su tanti piccoli particolari di questo fantastico mondo, scopriremo cose che forse non vorremmo sapere. Lo sapevate, ad esempio, che un musicista ricava in media -per ogni mille dollari guadagnati- 23 dollari? La ripartizione è più o meno questa: per ogni mille dollari ottenuti dalla vendita dei dischi, 630 vanno all’etichetta, 230 ai distributori e 140 alla band. Questi 140 dollari, però, sono da dividere tra produttori, management, avvocati e i veri e propri membri della band: da qui l’approssimazione a 23 dollari. Grazie ad un rapporto del 2018 della Citigroup Inc. (multinazionale americana di banche di investimento e società di servizi finanziari), sappiamo inoltre che l’industria musicale ha generato circa 43 miliardi di dollari negli Stati Uniti e solo il 12% del totale era destinato ai musicisti.

Sponsorizzazioni

Secondo un rapporto dell’IFPI Investing in Music (investimenti, sviluppo e marketing), diffuso sempre nel 2018, circa il 90% delle entrate di un artista deriva nella maggior parte dei casi da partnership, sponsorizzazioni e collaborazioni. Vi facciamo ora un esempio concreto: Beyoncé guadagna più soldi sponsorizzando profumi che vendendo album.

I Fantastici 3

Attualmente ci sono solo 3 grandi etichette che controllano circa il 75-85% della quota di mercato globale delle vendite. Le cosiddette ‘majors‘ sono: la Sony Music, l’Universal Music, e la Warner Music Group (e fino a qualche anno anche la EMI).

Gender Gap nell’industria musicale

Viviamo nel 2020 ma, purtroppo, sentiamo ancora parlare di ‘Gender Gap‘. Certo, naturalmente, ci capita spesso di vedere artisti donna in cima alle classifiche ma, se ci soffermiamo attentamente sulle statistiche, noteremo ancora un certo divario tra uomini e donne. Secondo quanto riportato dal report annuale “Inclusion in the Recording Studio?” -realizzato dall’Annenberg Inclusion Initiative dell’University of Southern California– gli uomini continuano a dominare l’industria musicale. Lo studio, supportato da Spotify e Billboard Italia, ha infatti evidenziato che il 21,7% degli artisti sono donne, mentre la percentuale di donne che lavorano come produttrici equivale appena al 2,6% (con un rapporto quindi di 37 uomini per ogni donna).

Falsi account Twitter

Qualche anno fa dei pubblicitari riferirono -in forma anonima- di aver pagato oltre 1350 dollari per un milione di falsi account Twitter per generare una base di ascoltatori per le band con cui lavoravano. Katy Perry fu tra i primi artisti ad arrivare ai 100 milioni di follower su Twitter, poi però scoprirono che solo il 32% era effettivamente reale. Possono essere acquistati, infatti, dei veri e propri ‘pacchetti’ di falsi utenti e, questo, vale per Twitter come per Instagram.

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