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Fabrizio De Andrè, 5 canzoni che lo resero famoso

Fabrizio de Andrè è sicuramente uno dei più importanti cantautori nella storia del panorama musicale italiano. Malgrado oggi sia ricordato a questa maniera. All’epoca del suo esordio fece fatica ad emergere. Minacciò addirittura di abbandonare la carriera musicale, salvo poi essere salvato da un particolare evento. Questo ebbe luogo nel 1967, un anno dopo la pubblicazione del suo primo LP. Nel 1968 verrà ristampato con il brano che consacrò De Andrè tra le tracce. L’album era intitolato “Tutto Fabrizio De Andrè” e raccoglieva brani precedentemente rilasciati come singoli, alcuni dei quali contribuirono a rendere Faber noto nella prima fase della sua carriera.

“La ballata del Michè” – 1961

La prima canzone che De Andrè incise fu “La ballata del Michè”. Con questo brano emergono immediatamente alcuni dei temi che sarebbero poi stati riconosciuti come peculiari della poetica del cantautore genovese. Il primo è quello sociale. Infatti Michè si suicida in prigione e viene messo l’accento su come la chiesa non avrebbe effettuato alcun funerale “Perché d’un suicida non hanno pietà” Il secondo è, evidentemente, quello della morte. Il terzo, caratteristico soprattutto della prima parte della sua produzione, è quella sottile ironia che affianca questo testo intriso di tragicità, con un allegro accompagnamento di chitarra e fisarmonica stile canzone francese.

“La città vecchia” – 1965

“La città vecchia”, pubblicata quattro anni dopo rispetto alla canzone di cui abbiamo appena parlato, presenta di nuovo diversi temi sociali. Entra in scena, rientrante in questa categoria, il tema della prostituzione e, più che altro, quella della situazione della prostituta. Tema che verrà trattato anche in altre canzoni, come la più celebre “Via del campo”. Un parallelismo tra i due brani si può intravedere nei versi finali delle canzoni. “Città vecchia” si chiude infatti con: “Se non sono gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo”. Mentre “Via del campo” con la celebre: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.”.

“Amore che vieni, amore che vai” – 1966

Un tema che Fabrizio De Andrè sapeva trattare con assoluta maestria e profonditi è il più classico, quello nel corso dei secoli più ha attirato l’attenzione degli artisti, venendo esplorato in molte delle sue sfaccettature, che si prospettano infinite. Stiamo palando dell’amore. Con “Amore che vieni, amore che vai”, Faber espone la fuggevolezza del sentimento che sovente tende a ripetersi nelle sue modalità. Eloquente in tal senso è il verso: “E tu che con gli occhi di un altro colore mi dici le stesse parole d’amore”.

“La guerra di Piero” – 1964

Quando si pensa a Fabrizio De Andrè ad alle perle della sua intera produzione, una canzone che non può mancare nell’elenco è “La guerra di Piero”. Si tratta di una delle più importanti canzoni pacifiste mai scritte nel nostro paese e che uscì un anno dopo a “Blowing In The Wind” di Bob Dylan. Come quest’ultima anche col brano scritto da Faber venne preso come una sorta di manifesto dai gruppi di giovani dell’epoca.

“La canzone di Marinella” – 1964

Quando in apertura si parlava di un evento che sconvolse la vita di Fabrizio De Andrea, il brano protagonista era “La canzone di Mariella”. Come il cantautore avrebbe raccontato negli anni a seguire in diverse interviste, nel 1967 stava iniziando a rassegnarsi all’idea di vivere di musica. Fu proprio allora che Mina, già celebre, interpretò “La canzone di Marinella” in diretta televisiva. I proventi SIAE convinsero, fortunatamente, Faber a continuare a scrivere. Inutile dire che si tratti di uno dei brani più famosi scritti dal genovese, nonché del suo primo grande successo.

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