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Alice Cooper, La storia del suo album più cupo

Alice Cooper è uno dei maggiori rappresentanti del così detto shock rock. La sua musica e le sue performances, infatti, si basano sull’idea di sconvolgere e inquietare il pubblico. Come performer, Alice Cooper è sempre stato bravo in questo, a partire dal suo iconico trucco che imita un cadavere, fino agli oggetti di scena. Famosissimo è un boa vero che Alice Cooper è solito attorcigliare al collo, insieme comunque ad altri elementi inquietanti. I suoi concerti sono sempre molto macabri dal punto di vista scenografico, ma anche le sue canzoni sono molto cupe come contenuti. L’album più inquietante e cupo di Alice Cooper è secondo molti proprio Welcome to my Nightmare. 

Il concept album Welcome to my Nightmare

Questo album è uno dei più apprezzati di Alice Cooper in generale, che effettivamente ha dato vita ad un lavoro molto ispirato. Famosa è la copertina, che Rolling Stone ha inserito tra le 100 più belle di tutti i tempi. Innanzitutto si tratta di un concept album, che racconta la lenta discesa nella follia del protagonista, Steven. Sostanzialmente la sua mente vice dentro un incubo costante che lo tormenta e non lo lascia mai solo. La particolarità sta nel fatto che l’album è di fatto gestito come un’opera letteraria. Ciò anche in quanto è presente come una sorta di narratore, Il Curatore che ci guida attraverso questo incubo. Il Curatore è interpretato da Vincent Price, che ricordiamo per la voce inquietante in Thriller di Michael Jackson e per il ruolo dell’inventore nel film di Tim Burton Edward mani di forbice, ma che è stato anche l’istrionico interprete di vari film horror.

L’inquietudine dell’album

Il disco già dalla sua trama allora si disgrega in una profonda cupezza che si esprime attraverso diversi elementi. La Vedova Nera (The Black Widow, nella canzone), questo ragno che vuole divorare Steven ma le cui ragnatele non sono reali, è tutto nella sua testa, in primis. Già in Devil’s Food lo vediamo intrappolato e cercare di salvarsi, ma anche se sul momento abbiamo pietà di lui, andando avanti scopriamo che è più pazzo di quel che pensiamo. Infatti, in Cold Ethyl ci parla di una donna morta che tiene in frigorifero e con cui ha un rapporto inquietante. Alla fine di tutto diventerà di fatto un serial killer e si sveglierà con le mani piene di sangue. Pazzia, morte, sangue ed inquietudine sono gli elementi principali di questo disco, che tuttavia non è macabro per il gusto di esserlo, ma ha qualcosa di più profondo. Presenta del resto anche un brano che va al di là dell’idea di sangue, ma che si schiera in favore delle donne e denuncia la loro sofferenza: Only Women Bleed. Non si riferisce ad un sangue fisico, ma ad una sofferenza più emotiva. In generale questo album può dirci molto sulle nostre fragilità e nella sua cupezza coinvolge e sconvolge puntualmente e poeticamente.

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