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Rolling Stones, la particolare storia di Can’t You Hear me Knocking

Sticky Fingers è uno degli album più importanti per la carriera dei Rolling Stones, accompagnato da altri come Let It Bleed e Aftermath. L’album venne pubblicato nel 1971 guadagnando la prima posizione sia nel Regno Unito che negli stati Uniti e permanendovi per qualche settimana. Sancisce, quindi, un vero successo per la band, successo che ha colpito anche le sorti della copertina. L’opera fu affidata al famoso artista Andy Warhol che ha collaborato con Name e Braun, per dar vita a quella che sarà etichettata da VH1 “la miglior copertina di sempre” nel 2003. Tra le tracce di Sticky Fingers dei Rolling Stones ritroviamo ne ritroviamo una della genesi molto particolare e che ha messo in una certa difficoltà la band: Can’t You Hear Me Knocking

Le registrazioni dell’album

E’ l’estate del 1970 quando i Rolling Stones cominciano le registrazioni di Sticky Fingers, benché canzoni come Sister Morphine provengano dalle precedenti registrazioni fatte al  Muscle Shoals Sound Studio in Alabama. Quest’ultima infatti è stata un taglio dell’album Let It Bleed e stessa sorte avranno alcune canzoni provate durante queste registrazioni, inserite poi nell’album successivo Exile on Main St, del 1972. La maggior parte delle registrazioni però vennero fatte nello studio mobile (il Rolling Stones Mobile Studio) che allora era proprietà della band, presso la casa padronale di Mick Jagger, a Stargroves. Furono terminate nell’autunno dello stesso anno e l’album pubblicato l’1 Maggio del 1971.

Qual è la storia dietro Can’t You Hear Me Knocking dei Rolling Stones?

Yeah, I’ve got flat-ten feet now, now, now, now
Hear me howlin’
And all, all around your street now
Hear me knockin’
And all, all around your town”

La canzone si presenta come una vera e propria nuova forma di sperimentazione per i Rolling Stones e supera i sette minuti. La band aveva infatti prima registrato il brano, ma poi vi fu una jam session in studio, ch’erano convinti di non aver registrato. Sorprendentemente, la ritrovarono nel nastro. Gli sembrò funzionare bene in quel modo e verrà infatti apprezzata da molte persone. Oltre questa piccola curiosità sulla registrazione, ve n’è un’altra che vede protagonista il testo. Nel suo resoconto Robert Greenfield contenuto del suo libro Ain’t It Time We Said Goodbye, racconta di come alcuni testi non fossero stati archiviati, benché non fossero molti. La band si ritrovò costretta a dover ascoltare il tutto sulle stampe di acetato. Il meglio che riuscirono a ricavare fu “I’ve got flatted feet, now” che a detta di Jagger, lui non aveva mai scritto.

 

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