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5 Leggende del Rock che odiavano essere famose

Uno dei massimi auspici per un artista emergente quando entra a far parte di una band o, in ogni caso, quando comincia il suo percorso musicale, è quello di raggiungere la vetta attraverso la sua opera. Nel corso degli anni, il Rock si è affermato come un genere adatto alla bramosia degli audaci. Alla luce dei fatti, quindi, ogni generazione di Rockers ha avuto le proprie leggende costantemente sotto i riflettori. Dall’altro lato della medaglia, però c’erano alcune leggende del Rock che odiavano essere famose.

In effetti, sono molti i musicisti che si approcciano allo strumento per puro amore per la musica, senza grandi pretese per una possibile carriera artistica che potrebbe portarli a diventare leggende del Rock. Sono innumerevoli i casi in cui, gli artisti, non intendono minimamente commercializzare la propria opera o entrare nell’industria musicale. Talvolta, questi musicisti irrompono sulle scene attraverso pubblicazioni particolarmente riuscite, entrando a far parte di un mondo per il quale neanche si sentono tagliati.

Quando la stampa comincia ad esercitare una certa pressione sul loro conto e la musica comincia a diventare, per loro, un territorio ostile, gli artisti arrivano addirittura a non sopportare il peso del loro successo, denigrando il loro status di Rock Star. Nel peggiore dei casi, questi arrivano addirittura a pubblicare lavori mediocri per scrollarsi di dosso il peso delle responsabilità conseguenti alla fama. In quest’articolo, abbiamo raccolto i nomi di alcune leggende del Rock che odiavano essere famose.

5) Frank Zappa

Frank Zappa sarà per sempre ricordato come uno degli artisti più eccentrici e visionari nella storia della musica moderna. La sua opera è sempre stata proiettata verso il più lontano dei futuri; basandosi su una commistione originalissima di alcune delle sonorità più ricercate di sempre che, ancora oggi, rappresentano l’avanguardia assoluta. Sebbene l’apporto di Frank Zappa sulla comunità Rock dei suoi anni fosse dei più profondi, l’artista ha sempre denigrato il movimento hippy, scagliandovisi spesso con frecciate musicali costruite meticolosamente. Frank Zappa è tra le leggende del Rock che odiavano essere famose proprio perché, sebbene i suoi ideali fossero diametralmente opposti a quelli del movimento più imperversante durante i suoi anni d’oro, gli hippy componevano la stragrande maggioranza dei suoi ascoltatori più assidui.

4) Thom Yorke

I Radiohead si affermarono come un punto di riferimento assoluto sulla fervente scena Rock della seconda metà degli anni ’90. Con le rivoluzioni del Grunge che stavano lentamente uscendo di scena per lasciare spazio alle sonorità fresche e commerciali del Britpop e con il Nu Metal che, di li a poco, avrebbe imperversato sulla vetta delle classifiche internazionali, la band di Thom Yorke seppe rimescolare le carte in tavola attraverso un sound completamente nuovo e visibilmente frutto di un eclettismo compositivo non indifferente.

Con The Bends e OK Computer, Thom Yorke e i Radiohead salirono sul tetto del mondo e, questo, destabilizzò particolarmente il cantante che, accusò fortemente il peso dei riflettori. Questo spinse la band ad intraprendere sentieri ben più tortuosi. Quando i Radiohead pubblicarono, audacemente, Kid A, però, non riuscirono comunque a passare sotto i radar. Sebbene ad oggi siano ancora una band di punta del panorama musicale, Thom Yorke continua a fare i conti con un successo a dir poco ingestibile.

3) Pink Floyd

I Pink Floyd emersero nella seconda metà degli anni ’60, riscuotendo non poco successo nella fervente scena psichedelica. La loro crescita musicale fu direttamente proporzionale al loro successo. A metà degli anni ’70, i Pink Floyd avevano già scritto la storia del Rock innumerevoli volte; dal celeberrimo live a Pompei a The Dark Side Of The Moon. Sebbene l’ombra di Syd Barrett avesse osteggiato il loro quieto vivere per lungo tempo, la macchina compositiva dei Pink Floyd sembrò semplicemente inarrestabile. Il meritatissimo quanto oltremodo travolgente successo del gruppo, però, finì per mandare i propri membri alla deriva. A partire dal loro fulcro compositivo, Roger Waters, la cui alienazione assunse livelli talmente spropositati da spingerlo a compiere alcune scelte particolarmente controverse e, sulle quali decise di esprimersi attraverso il capolavoro della band, The Wall.

2) Neil Peart

I Rush sono una delle band più influenti sul panorama musicale moderno. Il loro sound all’avanguardia gli ha permesso di toccare il tetto del mondo negli anni ’80. Ad oggi, la band viene considerata a mani basse come un capostipite nella storia del Rock. I brani dei Rush sono delle pietre miliari assolute del Progressive. Come sappiamo, il loro compianto batterista, Neil Peart, era autore dei meravigliosi testi dei Rush; nonché, uno dei migliori batteristi di tutti i tempi. Neil Peart, però è stato una di quelle leggende del Rock che odiavano in maniera particolare essere famose. Quando i Rush stavano vivendo il loro periodo d’oro, infatti, il batterista decise di concentrarsi sull’aspetto tecnico del suo playing, alzando ancora di più l’asticella, piuttosto che concedersi ai riflettori e vivere da Rock Star.

1) Bob Dylan

Sin da quando ha mosso i suoi primi passi nel mondo della musica, Bob Dylan sapeva che, le canzoni, avessero un potere ben più forte di quello di far ballare le persone. Attraverso la sua opera, il leggendario cantautore intendeva trasmettere messaggi importantissimi. Sensibilizzare le masse riguardo tematiche critiche e delicate divenne la prerogativa di Bob Dylan che, immediatamente, decise di consacrare la sua vita alla musica. Quando i suoi messaggi finirono per essere largamente travisati, vedendo la sua figura mistificata, Dylan rimase non poco deluso da sé stesso e dalla sua opera. Questo lo portò, diverse volte, a rivalutare la sua figura di artista. Il cantautore arrivò a chiarire la sua posizione in merito diverse volte nel corso di innumerevoli interviste e, anche attraverso un album intitolato Self Portrait, con cui tentò di scrollarsi di dosso una reputazione diventata sin troppo difficile da gestire.

 

 

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