R3M

Fabrizio De Andrè: la storia di quella canzone provocatoria che fece infuriare gli amanti della storia

Nel corso della sua produzione artistica e musicale, Fabrizio De Andrè ha avuto modo di realizzare brani che fossero aderenti a diversi temi e contesti differenti, che molto spesso hanno riguardato i cosiddetti “ultimi” della società; il cantautore genovese ha, però, integrato anche un brano particolarmente provocatorio nell’ambito della sua produzione, che ha fatto infuriare, e non poco, gli amanti della storia, che si sono trovati di fronte ad una completa rivalutazione di una materia storica che era sempre stata descritta in altri termini. Parliamo della distruzione ideologica di un vecchio e stanco Carlo Martello, descritto dal testo di Paolo Villaggio e cantato da Fabrizio De Andrè in Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers. 

La storia di Carlo martello ritorna dalla battaglia di Poitiers e la parodia di De Andrè e Villaggio

Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers risulta essere una delle canzoni più emblematiche e rappresentative all’interno della discografia di Fabrizio De Andrè. Il singolo, pubblicato nel 1963 in Italia, rappresenta una fortissima provocazione che sussiste sia dal punto di vista artistico, sia dal punto di vista letterario. Basti pensare al richiamo particolarmente emblematico al genere popolare francese diffuso all’epoca dei trovatori, attraverso il componimento della pastorella, che tratta di incontri tra cavalieri e popolare e delle proposte amorose che i primi avanzano a queste ultime.

Ovviamente, sulla base di una modernizzazione del brano, la rappresentazione bucolica avviene per mezzo di una chiara fontanella, di cui si parla all’interno del brano. Non è, tuttavia, l’unico elemento che può farci pensare, dal momento che all’interno del brano c’è addirittura una citazione dantesca, con il verso «Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno», che diventa «Ma più dell’onor, poté il digiuno». E ancora, le licenze poetiche che portano Carlo Martello a diventare re, la battaglia di Poitiers a svolgersi in calda primavera e l’accento bolognese con cui De André interpreta la pulzella, che si rivolge al suo re con tono saccente. Tutti questi elementi hanno fatto particolarmente discutere ma, allo stesso tempo, sono stati la costante nel successo del brano.

Le dichiarazioni di Paolo Villaggio sulla provocazione del brano

A proposito della grandissima provocazione del brano realizzato in collaborazione tra Paolo Villaggio e Fabrizio De Andrè, è stato il comico di Fantozzi a parlare della scelta e della genesi del brano: «…la scelta dell’ambientazione medioevale fu tutta farina del mio sacco; Fabrizio ci mise solo la musica. Cioè avvenne il contrario, lui aveva già la musica ed io ci misi le parole. Fu così: era una giornata di pioggia del novembre del 1962 e io e Fabrizio, a Genova a casa mia in via Bovio, eravamo tutti e due in attesa del parto delle nostre signore, che poi partorirono lo stesso giorno, infatti Cristiano e il mio Pierfrancesco sono “gemelli”. Ebbene, forse per distrarci o per passare il tempo, Fabrizio con la chitarra mi fece ascoltare una melodia, una specie di inno da corno inglese e io, che sono di una cultura immensa, cioè in realtà sono maniaco di storia, ho pensato subito di scrivere le parole ispirandomi a Carlo Martello re dei Franchi che torna dalla battaglia di Poitiers, un episodio dell’ottavo secolo d.C., tra i più importanti della storia europea visto che quella battaglia servì a fermare l’avanzata, fino ad allora inarrestabile, dell’Islam.»

E ancora: «Erano arrivati fino a Parigi, senza Carlo Martello sarebbe stata diversa la storia dell’Europa. Comunque mi piaceva quella vicenda e la volli raccontare, ovviamente parodiandola. In una settimana scrissi le parole di questa presa in giro del povero Carlo Martello. La canzone passò abbastanza inosservata, Fabrizio ancora non aveva inciso “La canzone di Marinella” e non era quindi famoso, tanto meno io. Qualcuno però notò questa strana filastrocca che sbeffeggiava il potente Re dei Franchi: fu un pretore, mi pare di Catania, che ci querelò perché la considerava immorale soprattutto per quel verso: «È mai possibile, o porco di un cane, che le avventure in codesto reame debban risolversi tutte con grandi p…». E pensare che noi eravamo già stati censurati e avevamo dovuto trasformare il verso finale che in originale suonava: «frustando il cavallo come un mulo, quella gran faccia da c…» con: «frustando il cavallo come un ciuco, tra il glicine e il sambuco». Ma, a parte questo pretore, nessuno notò la nostra canzone che fu riscoperta quando Fabrizio divenne famoso dopo Marinella.»

Articoli correlati

Condividi