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Free Bird, storia di una canzone divenuta immortale

Gary Rossington, chitarrista nonché ultimo membro fondatore ancora presente nella band, ha svelato i retroscena riguardanti la creazione del brano rock di successo “Free Bird”.

Come si arriva ad un brano di successo

Esistono canzoni rock che entrano a far parte dell’immaginario collettivo radicato in un preciso momento storico e culturale, che penetrano nella mente come chiavi di lettura di una definita visione artistica, che vincono contro il passare del tempo e delle epoche rimanendo pure, vivide, eterne. Noi godiamo del risultato finale, ma qual è stato il percorso creativo che dall’elaborazione dell’idea è giunto alla realizzazione in un brano che ancora oggi ci fa sognare?

Un’idea da dimenticare

Può capitare che inizialmente alcune idee non vengano comprese e a maggior ragione accettate, tale situazione è forse un effetto collaterale del genio creativo che sa vedere oltre. All’incirca successe questa cosa anche per Free Bird.

Il chitarrista Gary Rossington ricorda “Ronnie [Van Zant, il cantante] si lamentava del fatto che la progressione degli accordi di apertura fosse troppo difficile”. La difficoltà per Ronnie consisteva nel non riuscire a trovare una melodia che si sposasse con quegli accordi, tanto che diceva ai suoi di dimenticare quell’idea, nonostante venisse riproposta dal gruppo.

L’idea del brano

Per nostra fortuna l’idea non viene dimentica ma solo accantonata per un momento fino a quando, un giorno durante le prove “Allen [Collins, chitarrista] ha iniziato a suonare la progressione di accordi e a Ronnie è piaciuta” rammenta Gary aggiungendo che Ronnie “riuscì a scrivere il testo in meno di cinque minuti!”.

Free Bird era una slow ballad?

Da quel giorno questa famosa progressione di accordi, all’inizio considerata così ostica dal cantante tanto da non poterci intervenire, prende vita ma ancora solo in forma di ballata lenta, così come veniva presentata nei vari club.

La versione definitiva del brano

Mancava ancora qualcosa. Il brano stava prendendo forma, il resto della band era riuscito a far propria l’idea partorita dalla mente di Allen Collins, tanto che Ronnie Van Zant se ne uscì con una proposta rivolta a GaryPerché non ci metti qualcos’altro alla fine del pezzo così potrò fare una pausa per qualche minuto?” riporta il chitarrista. Lui stesso racconta che si dedicò quindi alla progressione finale degli accordi mentre Allen ci suonava sopra. Andarono avanti così per un po’ scambiandosi anche le parti, assolo e accompagnamento. Ne derivò una jam che durò tutta la notte: g era finalmente completa, con la sua durata di dieci minuti e una manciata di secondi.

Un successo senza tempo

È interessante notare come da una successione di accordi – per la quale era difficile secondo Ronnie trovare una melodia perché “gli accordi cambiavano troppo velocemente” – una band come i Lynyrd Skynyrd sia arrivata a creare un brano rock tra i loro più richiesti durante i live.

È difficile non notare le due parti distinte della canzone – ma sapientemente collegate tra loro – ascoltandola. Quel che salta all’occhio, o meglio all’orecchio è l’ingresso della parte strumentale (che come abbiamo visto venne aggiunta in seguito a varie improvvisazioni), quasi perfettamente a metà della durata complessiva del brano. Quel “Won’t you fly high, free bird, yeah” che dà il La (o meglio il Sol in questo caso) a quello slide Fa-Sol che chiude sul Re dell’assolo di chitarra.

La magia – forse – è proprio in questa dualità del brano: una parte iniziale più distesa e introspettiva alla quale segue la conclusione caratterizzata dal trionfo e dall’esaltazione rock di chitarre che urlano.

 

 

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