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Iggy Pop, le automobili che hanno segnato la sua vita

Una vera rock star ha le sue predilezioni delle quali non può fare a meno. È il caso anche di Iggy Pop, che negli anni più recenti della sua esistenza ha maturato una forte passione per le automobili. Ha scoperto questa attitudine all’età piuttosto avanzata di 44 anni, ma in poco meno di tre decenni ha recuperato il tempo perduto con gli interessi. È stato pizzicato varie volte dagli autovelox per aver superato i limiti di velocità, ha guidato un’auto nel bel mezzo di una piantagione e si è ritrovato in una Rolls-Royce scoppiata improvvisamente in fiamme. Dopo tanti anni da passeggero, ha scelto di così di diventare l’autista di se stesso, dando vita ad una collezione di automobili davvero fuori dal comune.

Chevrolet Nomade del 1956

A dire la verità, un giovane James Newell Osterberg Jr. comprò la sua prima vettura già ai tempi del liceo. Si trattava di una Chevrolet Nomade rossa del 1956, con motore V8 da 4.3 litri e nota col soprannome di The Hot One. Ad ogni modo, Iggy Pop non era proprio il classico studente modello e non era un granché neanche come guidatore. Infatti, si schiantò dopo aver guidato per una strada sterrata in maniera troppo avventata, nel suo stato del Michigan. Uscì di strada insieme ad una ragazza, senza cintura di sicurezza. I due rimasero illesi, ma l’auto fu distrutta.

Ford Bronco del 1992

Dopo la Nomade, Iggy non acquistò nessun’altra auto fino all’età di 44 anni a causa della sua concentrazione massima sulla carriera da musicista. Il suo manager comprò per lui una moderna Ford Bronco. Si mise alla guida e la condusse da Los Angeles al Messico. La tenne per circa 15 anni fino al suo conseguente trasferimento a Miami. È proprio grazie a questa Ford che la rock star perse completamente la testa per il mondo dell’automobile.

Rolls-Royce Phantom Drophead del 2009

In tempi recenti, Iggy Pop si è messo alla guida di una moderna e fiammante Rolls-Royce, acquistata nello stato dello Utah. Una vettura di dimensioni enormi, che fa da contraltare alle vetture sportive poco avvezze alle strade ultra-trafficate di Miami. Il cantante la apprezza molto grazie ad una comodità fuori dal comune, ideale per la sua schiena piuttosto martoriata. Certo, l’ha pagata mezzo milione di dollari, ma ne è rimasto molto soddisfatto.

Ferrari 308 GTS del 1984

In occasione del suo primo trasferimento a Miami, Pop acquistò questa Ferrari usata che in precedenza era appartenuta anche all’attore John Malkovich. L’ha ritenuta “una vettura meravigliosa per sfogarsi nelle autostrade”. Negli anni successivi, l’avrebbe venduta nel 2002 e sostituita con modelli più recenti, dopo essere stato fermato dalle forze dell’ordine per aver guidato ad oltre 100 miglia all’ora. “Me ne sono liberato perché credevo che sarebbe potuto succedere qualcosa di terribile”, ha sentenziato l’icona rock.

Jeepster Commando 1966

Anche questa particolare fuoristrada ha fatto parte del parco vetture di Iggy Pop. Si trattava di una vettura color giallo canarino con strisce rosse in corrispondenza dei lati e ruote cromate enormi. L’auto è entrata nel suo cuore proprio per la sua originalità spiccata: “È stata così bella quella macchina, è stato davvero fantastico poterla guidare”.

Rolls-Royce Corniche convertible 1980

La prima Rolls-Royce guidata dall’artista fu una decappottabile del 1980, color giallo canarino. Col passare degli anni, la straordinaria vettura perse smalto e la tonalità divenne più simile ad un metallo arrugginito. Tutto ciò a causa di un “terribile incendio”, del quale Iggy non si era accorto perché troppo attento ad ascoltare l’album Rubber Soul dei Beatles.

Lincoln Continental

Infine, ecco una vettura che Iggy Pop non ha mai posseduto o guidato. Eppure, un autista lo accompagnò insieme a David Bowie a bordo di questa auto, in occasione delle tappe nordamericane del suo tour Station to Station“In quella occasione – spiega Iggy – ho visto numerosi scenari, tanta America notturna e molta buona musica”. Pop aggiunse di avere ottimi ricordi del suo incontro con il Duca Bianco, che lo avrebbe “salvato da un certo annientamento professionale e forse personale quasi inevitabile”.

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