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La storia e il grande mistero che avvolgono i Grateful Dead

Il “morto riconoscente”. Un nome emblematico per una band che lo è altrettanto. I Grateful Dead nascono nella San Francisco Bay in piena temperie hippie, prendendo vita dalle ceneri di un altro gruppo: i Mother McCree’s Uptown Jug Champions. Per qualche tempo girovagano nella zona di Palo Alto, in California, facendosi chiamare Warlocks. Ma il primo nome viene abbandonato perché già appannaggio di un altra formazione – l’embrione dei futuri Velvet Underground. Su stessa ammissione dei componenti dei Grateful Dead si decide di estrarre due parole a caso dal dizionario. Ed ecco che nasce il “morto riconoscente”. Una band misteriosa, famosa soprattutto per l’esecuzione di cover e pochi brani originali, frutto di una commistione multi-genere. Una band che vive soprattutto di esibizioni live vissute – nel mezzo del fenomeno hippie delle sostanze allucinogene e dell’LSD – come trip collettivo. Andiamo un pò più a fondo nella storia e nel grande mistero che avvolgono i Grateful Dead.

Gli anni ’60 e la nascita dei Grateful Dead

Stati Uniti. Inizio e metà degli anni ’60. In giro per gli States esplode il fenomeno hippie, un movimento giovanile fondato sulla ribellione alla regole della società e ad un certa mentalità borghese dei passati decenni. I ragazzi cercano un nuovo tipo di libertà nella pratica del libero amore e nel consumo di sostanze stupefacenti ed allucinogene. E’ l’epoca dell’LSD e degli acidi, dei festival live e della grande musica ispirata agli anni ’60. In mezzo a questa temperie anticonformista e rivoluzionaria vedono la luce i Grateful Dead.

La formazione di Jerry Garcia e Bob Weir si trasferisce a San Francisco – che nel frattempo è diventata il centro propulsore della controcultura hippie. I Grateful Dead – forti di un sound ricco di contaminazioni e ispirato all’esperienza psicotropa dell’LSD – iniziano a cavalcare l’onda del rock psichedelico. La band guadagna l’affetto e la stima del pubblico prevalentemente grazie ad esibizioni live. I Grateful Dead scrivono poco, realizzano cover famose in chiave elettronica e trasformano i propri concerti in esperienze sensoriali emotive come in un trip collettivo.

Carriera e misteri dei Grateful Dead

Sebbene nati e gravitanti intorno alla San Francisco hippie degli anni ’60 – e per questo visti come una formazione di sbandati – i Grateful Dead sono tra le formazioni più eclettiche e preparate del periodo. I sostrati culturali dei vari componenti e il background musicale che hanno alle spalle, immettono nella nuova band stimoli provenienti dai generi più disparati. Musica elettronica, rock psichedelico, ma anche folk e free jazz. La bellezza dei Grateful Dead sta nella loro propensione all’improvvisazione, alla jam session. A differenza però del free jazz dei neri – che suonavano per esorcizzare la sofferenza e la discriminazione – i Grateful Dead mettono in scena un trip collettivo, ispirato alle sensazioni dell’LSD.

Poche registrazioni, molte cover famose. La musica e il sound dei Grateful Dead ben presto iniziano a incarnare lo spirito hippie e il desiderio di libertà degli anni ’60. La predilezione ad esibirsi in concerti live – piuttosto che chiudersi in studio di registrazione – è emblematico di un rifiuto del capitalismo musicale e dell’ottica del commercio. Non esistono versioni definitive dei brani dei Dead – solo le canzoni che finirono su vinile e quelle che vennero suonate dal vivo. I Grateful Dead hanno rappresentato – forse più di qualsiasi altra band dell’epoca – due forze contrastanti allo stesso tempo. Da un lato la chiusura egocentrica e individualista su un trip allucinogeno, alla ricerca di una soddisfazione fisica e neuronale. E dall’altro l’invito – esteso a tutto il pubblico e a tutti i giovani ribelli e hippie – ad unirsi a quel trip, in senso collettivo e comunitario.

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