R3M

Le band rock che hanno continuato la carriera dopo la morte di un membro

Molto spesso la morte di un leader artistico e concettuale di una formazione caratterizza il momento peggiore per quella formazione stessa; spesso, addirittura, la morte di un personaggio che ha fatto la storia del rock e della musica ha determinato lo scioglimento di una band che non ha potuto continuare con la propria carriera in assenza dello stesso; si pensi ai Nirvana, ai Led Zeppelin o a tante altre formazioni che hanno deciso di porre uno stop nel loro operato data la morte del loro leader; eppure, esistono anche esempi opposti, ovvero di band che hanno proseguito con la loro carriera nonostante la morte del loro leader e che hanno trovato la forza e il vigore per continuare. Vi parliamo di alcune di queste che hanno fatto la storia.

Slayer – Jeff Hannemann

La prima formazione che prendiamo in considerazione in merito al tema delle band che hanno proseguito nella loro carriera nonostante la morte del loro leader è quella degli Slayer; la formazione thrash metal statunitense è stata fondata per volere di Jeff Hannemann che, a seguito di una cirrosi epatica dovuta dalla lunga e difficile dipendenza dall’alcol, ha trovato la morte del 2013.

La sua morte, a dire il vero, è stata anche piuttosto recente rispetto a tutte le altre che potrebbero essere prese in considerazione anche all’interno di quest’articolo; nonostante ciò, la formazione – a partire dal 2014 – ha realizzato nuova musica, dando vita ad un contratto con la Nuclear Blast e realizzando un ultimo tour, che ha portato alla fine dell’attività musicale nel 2019, a seguito di uno spettacolo a Los Angeles. 

Metallica – Cliff Burton

Il caso più eclatante di formazione che ha saputo come continuare nonostante la morte del proprio leader è quello dei Metallica. Lo statunitense è stato incredibilmente preponderante nello sviluppo storico e artistico della formazione e la sua morte è stata, senza dubbio, tragica. Eppure, i Metallica hanno saputo come ritrovare uno spirito rivoluzionario proprio a seguito della morte del musicista.

Come ha affermato Kirk Hammett: «Poco dopo l’incidente, decidemmo che il modo migliore per dare sfogo alle nostre frustrazioni fosse di ritornare a suonare e di sfogare le nostre ansie sul palco, dove dovrebbero andare. Dovrebbero andare verso una cosa positiva come questa. Eravamo molto traumatizzati, e soffrimmo molto per la situazione. La cosa peggiore che potevamo fare era sederci nelle nostre stanze e ripensare ai fatti e piangerci addosso. Ognuno di noi pensò che dovevamo continuare, dovevamo lavorare perché non sarebbe stato giusto verso Cliff fermarci. Anche se lui fosse stato vivo per una qualche ragione e non avesse potuto suonare il basso, non ci avrebbe detto di fermarci. Questo è il modo in cui ci siamo sentiti. Avrebbe voluto che noi continuassimo.»

The Who – Keith Moon

Se il precedente caso di Cliff Burton e dei Metallica è stato eclatante per lo spirito con cui la formazione statunitense ha saputo superare il trauma, quello dei Who e di Keith Moon merita di essere sottolineato per altre motivazioni, che risiedono nella natura artistica dei due prodotti discografici successivi dei Who che, realizzati con Jones alla batteria, risentirono particolarmente dell’assenza del grande leader della batteria, assumendo sonorità prettamente pop.

Articoli correlati

Condividi