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I cinque migliori assoli non di chitarra nel Rock

Quando parliamo di assoli, la storia del Rock ci porta, immediatamente, a pensare ai mitici eroi della chitarra che hanno segnato la loro generazione e che, ancora oggi, influenzano migliaia, se non milioni di musicisti in erba. Figure dall’elevatissima caratura che hanno spinto i giovani ad imbracciare gli strumenti, invogliandoli a percorrere il proprio cammino in musica; ispirati dalle gesta dei propri miti.

Parliamo di mostri sacri, la cui musica risuona negli echi del secolo scorso, come nei decenni di quello corrente, senza mai perdere smalto. L’apporto di determinati musicisti ha messo in ombra le carriere di altri o, talvolta, ha ridimensionato i paradigmi riguardanti le forme solistiche in musica. Strumenti definiti solisti per antonomasia, come il piano, hanno più volte fatto da sfondo alle sfrenate fantasie dei più grandi chitarristi che il Rock abbia mai visto sulla scena.

La carriera di questi artisti ha contribuito alla stesura delle più prestigiose pagine della storia contemporanea; eppure, proprio alla luce di ciò, sono, spesso, passate in secondo piano opere soliste assolutamente strepitose, eseguite da altri strumenti. I più grandi esponenti della musica hanno dato libero sfogo al proprio estro includendo nelle proprie composizioni gli strumenti più disparati a tessere scenari brillantemente eclettici. In questa classifica, abbiamo raccolto alcuni dei brani che presentano i migliori assoli eseguiti da altri strumenti, che non siano la chitarra.

5) Rolling Stones – Rip This Joint (1972)

Sulla base di una meravigliosa ed incisiva Hit Rock N’Roll alla vecchia maniera si ergono due assoli di sassofono firmati da Bobby Keys. Il brano entusiasma l’ascoltatore sin dalla prima nota, attraverso una ritmica particolarmente incisiva che, sicuramente, strappa più di un sorriso a chi si trova dall’altra parte delle cuffie. Pubblicata in un’epoca in cui la corrente del Punk cominciava ad ergersi prepotente, affermandosi sulla scena underground anglosassone, Rip This Joint è stato il brano con cui i Rolling Stones, opponendosi al neonato movimento, hanno rimarcato la loro presenza sul panorama dell’epoca, pur mantenendo il loro, inconfondibile, sound.

4) Bob Dylan – Hurricane (1976)

Hurricane è un classico intramontabile della discografia di Bob Dylan. Una ballata meravigliosamente movimentata, dalle chiarissime inflessioni Folk. Sin dai primi, decisissimi accordi, Hurricane trasporta l’ascoltatore attraverso le vicende dell’omonimo pugile di cui narra. La voce di Bob Dylan attraversa, quasi frettolosamente, gli scenari disegnati dalla ritmica mentre uno splendido violino imperversa per l’intera durata della traccia fornendovi un’atmosfera, potremmo dire, finemente invecchiata; grazie alla disarmante delicatezza che, da sempre, contraddistingue lo strumento. Il violino di Hurricane delinea forme sinuose nell’aria, lasciando che l’ascoltatore respiri la libertà nella sua forma più pura nota dopo nota.

3) AC/DC – It’s A Long Way To The Top (If You Wanna Rock N’Roll) (1975)

It’s A Long Way To The Top (If You Wanna Rock N’Roll) è un tormentone che riecheggia nel cuore dei milioni di appassionati di Rock in tutto il mondo sin dalla sua nascita. Una traccia perfetta per macinare chilometri in viaggio o anche, per affrontare le sfide più dure della vita con la giusta carica. Il brano è una sferzata di energia sin dall’inizio. L’euforia che contraddistingue la traccia trova il suo culmine nello straordinario assolo di cornamusa, alternato agli esuberanti fraseggi posti in armonia da Angus Young alla chitarra, ad opera dell’immenso Bon Scott, a rimarcare l’inesauribile energia con cui ha condotto il gruppo verso il successo internazionale dei primi anni.

2) Pink Floyd – The Great Gig In The Sky (1973)

The Great Gig In The Sky e il giro di accordi solenne di Richard Wright posto in apertura, con la fatidica voce che, cautamente, in modo quasi remissivo, dice di non aver paura di morire, “I’m not afraid of dying” è un capolavoro della musica. L’assolo di voce di Clare Torry, struggente come pochi, fulmina l’ascoltatore. Una linea ipnotica, nata dal nulla, rende straordinario il brano. The Great Gig In The Sky è un totale salto nel buio. Un viaggio onirico, oltre la morte, alla ricerca di sé stessi. Un’assoluta pietra miliare della cultura moderna per la quale, qualsiasi considerazione, ormai, risulterebbe superflua. The Great Gig In The Sky è talmente introspettiva da risultare diversa ad ogni ascolto, la sua magia risiede proprio in questo.

1) Jethro Tull – Locomotive Breath (1977)

Siamo di fronte ad un capolavoro del Rock Progressivo delle Vecchie Glorie. Locomotive Breath dei Jethro Tull è, dall’inizio alla fine, una manifestazione energica del tecnicismo artistico dei membri del gruppo trasposto all’ennesima potenza. Ancora una volta, il brano si apre con un giro di pianoforte dalle atmosfere classiche, al quale, dopo poco, si accosta la chitarra  di Martin Barre, a cui, dal vivo, è affidata una scarica velocissima di pura melodia Rock. Il brano vede il suo culmine con la frenesia incontrollabile del soffio della Locomotiva, interpretato in maniera, a dir poco, magistrale dal flauto traverso che ha consacrato Ian Anderson all’Olimpo dei migliori strumentisti che la storia della musica abbia mai visto avvicendarsi sulle scene.

 

 

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