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Nirvana: il manager rivela i particolari dietro le dipendenze di Kurt Cobain

Ciò che ha segnato irrimediabilmente il declino dei Nirvana, è stata la ripida caduta di Kurt Cobain nel tunnel della droga. L’animo fragile e l’indole invisa che lo tormentavano da una vita sono oggetto di discussione ormai da anni per i fan del genere e gli addetti ai lavori. Tutto quello che di speciale avevano i Nirvana era ricercabile nei tormenti di Kurt. L’opera del gruppo è un pugno in pieno viso, una richiesta d’indipendenza che prescinde le relegazioni del fisico, la massima espressione delle sofferenze dei giovani. Sempre più alienati da una realtà che non gli appartiene. Quel che rende magica la musica dei Nirvana è la fedeltà con cui riescono ad imprimere, ancora oggi, i supplizi ai quali le nuove generazioni sono costretti a causa della società nella quale sono immersi.

In ogni caso, la verità è che, in tutto il mondo, ci sono davvero poche persone che possono proferire con cognizione di causa in merito alla vita di Kurt Cobain e alla carriera dei Nirvana nel loro periodo di massimo splendore. Danny Goldberg, manager del gruppo, è uno di quelli. Nel corso di una recente intervista, l’uomo ha parlato dei problemi della band, del fatto che non riuscissero a sopportare l’ondata di successo che li aveva travolti e che, probabilmente, Kurt Cobain non avrebbe mai voluto vivere per la fama, né fosse pronto a farlo. Del resto, Danny Goldberg era presente quando i Nirvana salirono sul tetto del mondo e c’era anche quando l’abuso di droghe stava per condurli sull’orlo del baratro.

Nevermind: il più grande successo dei Nirvana

Danny Goldberg ricorda con nostalgia il periodo che seguì l’uscita dell’album più importante della carriera dei Nirvana: “Fu davvero bello. Avevo più o meno 40 anni, ma lavoravo nello show-business da quando ne avevo 19. Andavo già molto fiero di alcuni momenti di grande successo che avevo vissuto in precedenza, ma quello dei Nirvana, fu il mio momento più alto. Il gruppo divenne in pochissimo tempo un caposaldo della cultura di allora, i giovani erano estasiati da questa nuova tendenza, riscossero da subito un ottimo responso da parte della critica e, oggi, sono orgoglioso del fatto che siano tra i gruppi più influenti che siano mai esistiti”.

“Nonostante fosse tutto così entusiasmante, quel periodo di esaltante euforia si esaurì ben presto”, commenta malinconico Goldberg. Nevermind uscì il 24 settembre del 1991. Vendeva migliaia di copie ogni settimana, spodestando i più grandi successi dell’epoca, come Dangerous di Micheal Jackson. Solo tre mesi dopo il rilascio dell’album, nel gennaio del 1992, il manager scoprì che Kurt Cobain facesse uso di eroina.

“Affrontare un problema relativo all’eroina è molto duro. Che si tratti di un artista o di una persona normale. Vedere ciò che Kurt stava facendo, realizzarsi, esprimere le proprie emozioni ed esibirsi in quei concetti, idolatrato da migliaia di persone, fu un’esperienza molto forte. Sapevo di star lavorando con un genio. Pochi artisti nella storia hanno avuto le sue stesse capacità. Insomma, quel periodo è stato dannatamente bello, ma quando Kurt cominciò a star male sia emotivamente che fisicamente, mi sembrò impossibile aiutarlo e tutto divenne molto triste”.

 

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