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Perché Coldplay, U2, Bryan Adams e altre rockstar si stanno trasferendo in India?

Più di 40.000 persone hanno partecipato al concerto degli U2 nella capitale finanziaria dell’India, Mumbai, all’inizio del mese di dicembre del 2019. La band irlandese è una delle tante che hanno riempito il paese: Katy Perry, Justin Bieber, Ed Sheeran, Coldplay e Bryan Adams si sono esibiti tutti in India negli ultimi anni. L’industria musicale afferma che sempre più artisti chiederanno e pretenderanno di andare in India per esibirsi. Allora perché l’India sta diventando, piano piano una destinazione per le rockstar più famose? Proviamo a vedere insieme i motivi e ipotizzare alcune risposte, sperando di vedere anche le rockstar italiane esibirsi a Nuova Delhi, un giorno.

GRANDE BACINO DI PERSONE

Alcuni motivi sarebbero dovuti ad elementi tipicamente geografici e biologici: l’India infatti è una delle nazioni con il maggior numero di popolazione al mondo. Il suolo indiano è anche pieno zeppo di giovani e giovanissimi, appassionati già di musica e con il desiderio di evadere da situazioni complesse. Le rockstar e le band hanno già, nel corso degli ultimi 50 anni, riempito il territorio europeo, naturalmente quello statunitense e (seppur con minor importanza) quello sudamericano. Come dimenticare, ad esempio, il concerto degli Oasis nello stadio del River Plate a Buenos Aires, in Argentina, nel 2009? Molti dicono che non sono stati gli Oasis a cantare al pubblico, ma che fosse stato il pubblico a cantare alla band di Noel e Liam Gallagher.

BOLLYWOOD E OPPORTUNITÀ

Altri motivi che vanno citati sono più rivolti al settore del marketing. Dal momento che l’India possiede un tasso di popolazione sotto i 30 anni particolarmente alto rispetto ad altri grandi stati del mondo, perché non investirci su? Un altro elemento importante sembra non c’entrare nulla con la musica, ma con il cinema: Bollywood. Bollywood è l’Hollywood indiana e moltissimi sottovalutano la potenza mediatica del cinema indiano. Ecco perché questo è un grandissimo errore. Moltissimi sono stati i gruppi e gli artisti rock che hanno fatto delle proprie colonne sonore dei veri e propri inni. Dal momento che la popolazione indiana cresce in media di 10mila persone all’anno, il mercato aumenta.

I COSTI INFERIORI

Il fattore denaro c’entra sempre, non c’è nulla da fare. Organizzare eventi live e concerti che tengono 40 o 50mila persone è spesso piuttosto difficile, soprattutto in Europa. Il suolo indiano riuscirebbe a garantire una certa libertà spaziale e geografica a prezzi piuttosto contenuti per le band. Lo stesso non si può dire delle tassazioni indiane: secondo vari studi, la tassazione media sarebbe del 28%. Questo dato non sembra essere particolarmente positivo, ma pensiamo se sempre più band organizzassero grandi concerti in India, cosa succederebbe? La tassazione si abbasserebbe.

Va detto anche che la popolazione indiana è particolarmente brava a destreggiarsi tra le varie lingue (a differenza di altri stati molto legati al loro idioma). L’inglese viene quasi considerato come una prima lingua e i giovani non hanno alcuna difficoltà di comprensione. Un ultimo elemento, ancora non considerato finora, è l’influenza musicale indiana che già è avvenuta in occidente. Basti pensare a Ravi Shankar, compositore indiana che fece conoscere la musica indiana in occidente. Proprio grazie a lui, George Harrison imparò a suonare il sitar e a trasmettere alcune atmosfere indiane in varie canzoni dei Beatles.

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