Sono diverse le canzoni di Fabrizio De André che portano nel titolo la parola “ballata”. Questi brani ci narrano spesso storie di miseri, di sventurati, emarginati. A queste categorie, come ben sappiamo, De André dedicò diversi brani e grande attenzione. La sensibilità del cantautore genovese per tematiche come la povertà, la morte, la sventura unite ad una forte critica sociale si rivelano costantemente nel suo repertorio di ampio respiro. La ballata dell’eroe, La ballata dell’amore cieco e… La ballata del Miché. Quest’ultima può sembrare una ironica e divertente canzone, ma se scaviamo nemmeno troppo a fondo riconosceremo la sua profondità.
La ballata del Miché
Fabrizio De André decise di mettere insieme La ballata dell’amore cieco e La canzone dell’amore perduto in un 45 giri. Quindi, le due canzoni seppur totalmente diverse sono spesso accostate. Un altro singolo fu La ballata dell’eroe/La ballata del Miché. Due canzoni associate, ma totalmente diverse. L’unico tratto comune oltre al titolo è una critica sociale presente in entrambe. Se come ben sappiamo La ballata dell’eroe è una canzone contro la guerra, La ballata del Miché appare semplicemente come una storia di delitto d’amore. Ricorda La ballata dell’amore cieco in tal senso, perché descrive un amore in modo macabro. Miché finisce in carcere per aver ucciso “chi voleva rubargli Marì“. Viene condannato “in prigione a marcir”. Il povero Miché trova una soluzione: decide di togliersi la vita così da poter andare via da quella cella.
La profondità della canzone
La canzone ha, come La ballata dell’amore cieco e il suo memorabile “tralalalalleru”, un ritmo allegro se consideriamo il macabro finale, che in realtà si rivela fin dall’incipit:
era già tardi perché
con una corda al collo
freddo pendeva Miché
sento cantar penserò
a quella notte in prigione
quando Miché s’impiccò.