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Lucio Battisti: la storia di “Emozioni”, una delle canzoni che lo ha reso immortale

Si tratta di una delle canzoni più apprezzate di sempre nella discografia di Lucio Battisti, nonché considerata come uno dei baluardi della musica leggera italiana. Stiamo parlando di Emozioni, canzone pubblicata il 15 ottobre il 1970 attraverso il singolo Emozioni/Anna. Il brano, composto da Lucio Battisti e Mogol, ha certamente fatto la storia della musica, anche grazie ad alcune interpretazioni notevoli, come quelle di Patty Pravo, Mina e Mia Martini. Ad ogni modo, però, l’interpretazione originaria di Lucio Battisti risulta essere ancora oggi iconica e degna di rappresentazione. Ecco qual è la storia di uno dei brani che ha consegnato alla storia Lucio Battisti, e che l’ha reso necessariamente immortale.

La storia di Emozioni

La canzone in questione si basa su una composizione piuttosto complessa, che ha richiesto molto più tempo rispetto alle naturali composizioni che riguardassero brani realizzati da Mogol e Lucio Battisti. In effetti, la coppia dedicava non molto tempo alla realizzazione di canzoni e di album, dal momento che la produzione risultava essere piuttosto veloce anche per motivi di natura discografica e prettamente mediatica. Quanto a questo brano, invece, bisognò aspettare molto più tempo prima della realizzazione definitiva di una canzone che era stata meditata in un viaggio a cavallo da Milano a Roma che i due artisti avevano compiuto nell’estate del 1970.

Durante il viaggio, Lucio Battisti trovò l’ispirazione per la parte musicale, mentre Mogol pensò successivamente a quale testo potesse essere centrato per una composizione di questo tipo, e che dunque riflettesse su tematiche relative all’esistenza. Il paroliere scrisse il testo in due momenti differenti: in un primo momento di impulso, trovandosi a casa, e riflettendo su temi di introspezione. Successivamente, la seconda parte del testo fu pensata mentre Mogol era in automobile, con la macchina piena, in un clima totale di scomodità e in compagnia di moglie e figli. Lo stesso paroliere non aveva carta su cui scrivere ciò che stava pensando e, allo stesso tempo, non aveva un impianto stereo per ascoltare la melodia sulla quale avrebbe poi inserito le sue parole. Per questo motivo, la storia racconta che Mogol non fece altro che ripetersi la melodia mentalmente, sforzandosi di non dimenticare le parole a cui aveva pensato e che, una volta tornato a casa, appuntò immediatamente su carta. Ci si rende conto di quanto questa caratteristica sia presente anche all’interno del testo, che presenta molto spesso versi lunghi e irregolari, degni di una scrittura di getto che aveva già portato il paroliere a realizzare, in passato, alcuni capolavori come Una lacrima sul viso e E penso a te.

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