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Giorgio Gaber, Come “Il tutto è falso” smaschera la società

Il pessimismo dell’ultimo Gaber

L’album è uscito nel 2003, postumo per pochissimo. Mostra quanto già era accaduto con La mia generazione ha perso, ovvero un punto di vista di Giorgio Gaber assai pessimista nei confronti della realtà e della società. Sembra che ciò che circonda l’uomo lo spinga sempre di più verso la decadenza. Il malcostume dilaga, la consapevolezza ideologica di una volta non esiste più. Gaber nonostante ciò non si perde certo in qualunquiste considerazioni del tipo “una volta si stava meglio”, ma fa un’analisi assai precisa del modo in cui si comporta il politico ormai corrotto, ad esempio nella canzone che s’intitola proprio Il corrotto. Io non mi sento italiano, la title-track ha poi l’importante pregio di non perdersi nel disfattismo.

Il tutto è falso

Tra i brani più malinconici dell’album c’è Il tutto è falso. Questa canzone è un pugno nello stomaco, riflette in maniera puntuale tutto ciò che di sbagliato c’è nel mondo inteso come società e civiltà. Gaber spiega che il mondo ci logora a causa della sua falsità, dell’ipocrisia e delle continue illusioni di progresso che invece ci fanno rimanere indietro. Nonostante la tecnologia così efficiente di cui costantemente ci vantiamo, di fatto rimaniamo vuoti, senza speranze. La canzone gioca molto sulla ripetizione della parola “falso” e sullo scambio di parole del titolo: “Il tutto è falso, il falso è tutto”.

Il falso è un’illusione che ci piace

Il testo si proietta verso il futuro, in particolar modo descrive la forte preoccupazione che accompagna la vecchia generazione nei confronti dei figli. In Il grido ma anche in La razza in estinzione, Gaber ha condannato i più giovani per una mancanza di coscienza. Qui parla di coscienza inadeguata riferendosi a tutti, forse non si può fare più nulla, forse il mondo ormai è diventato troppo logorante. Cosa possiamo fare per essere persone migliori, per vincere questa falsità? Anche pensare di essere buoni, interessandosi dei problemi del mondo come la fama o le guerre, diventa una manifestazione di ipocrisia poiché – osserva Gaber – in fondo non ce ne frega niente. La verità è che questo falso di cui ci circondiamo, spesso, ci piace. Così Gaber e Luporini tolgono la maschera alla società con una canzone che ancora oggi ci sorprende.

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