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David Bowie e quel grande omaggio ai Pink Floyd

Il capolavoro di Syd Barrett, See Emily Play, è stata una delle ultime canzoni che l’artista ha composto per i Pink Floyd. Così come la maggior arte dell’opera risalente al periodo psichedelico dei Pink Floyd, See Emily Play risente delle inflessioni instabili della mente di Barrett, osteggiata dal suo costante abuso di LSD. Il brano designa lo sviluppo della percezione del mondo, visto dallo sguardo di un bambino.

Il punto focale del testo si incentra su una ragazza smarrita; sebbene non sia mai stato rivelato espressamente se si trattasse di una bambina o meno, il brano riprende una serie di fattispecie fiabesche che potrebbero rimandare ad una lettura moderna di Alice nel Paese delle meraviglie.

Si tratterebbe, quindi, di un viaggio mentale in un ambiente dalle tipiche atmosfere infantili. Dal piano che si alterna alla chitarra, incalzando col tempo, quasi a replicare i ticchettii di un orologio, ai ritornelli in rima baciata. Le condizioni di Syd Barrett continuavano a peggiorare. See Emily Play fu scritta in uno dei suoi periodi più bui. Il suo stato mentale era particolarmente fragile; David Gilmour l’avrebbe, di li a poco, rimpiazzato nella band. “Perderai la testa e giocherai”;  l’immagine di Emily persa nel bosco di notte, in lacrime, delinea alla perfezione la criticità del suo stato psichico.

David Bowie omaggia i Pink Floyd con See Emily Play

David Bowie, come Syd Barrett, era fautore di un genio istrionico fuori dal comune. Quando il Duca Bianco interpretò See Emily Play, integrandolo nell’album Pin Ups del 1973, scelse di seguire il sentiero oscuro battuto, in precedenza, da Barrett. La versione di Bowie rende la canzone un incubo schizofrenico, occasionalmente interrotto da momenti di moderata stabilità onirica.  Mentre Bowie si esprime languidamente nelle strofe, nel ritornello imperversa un coro imponente di spiriti maligni. Tempo dopo la pubblicazione, il Duca Bianco rivelò di aver lavorato molto in studio, nelle fasi di missaggio, per ottenere un effetto sinistro.

La cover di David Bowie, ovviamente, non è solo un tributo ai Pink Floyd. Il Duca Bianco, infatti, si è molto ispirato, nel corso della sua carriera, a Syd Barrett. In Pin Ups, le influenze psichedeliche dei Pink Floyd degli albori risaltano particolarmente. Bowie si ispira esplicitamente a Barrett quando accentua il suo accento britannico mentre canta.  il Duca Bianco dichiarò di aver visto un uomo truccato su un palco, per la prima volta, ad un concerto dei Pink Floyd.  Anche la chitarra di Mick Ronson osserva tributo a Barrett, attraverso echi tipici delle prime tracce della band. I sintetizzatori di Mike Garson contribuiscono a fornire alla traccia un ritmo più solido e fluido, dando colore al brano.

La traccia si chiude con un arrangiamento tripudiante di strumenti a corda; il che, potrebbe riferirsi all’abbattimento del muro della pazzia o, che questa, sia riuscita a penetrare così profondamente nella psiche della protagonista da intrappolarla nel delirio utopico di una realtà permanentemente sognante. Le voci psicotiche che imperversano, sanguinanti, nella strofa finale, prevalendo prepotentemente sulla voce di Bowie. Il Duca Bianco è stato capace di accentuare la criticità emotiva di Syd Barrett in modo magistrale, dando nuovo lustro al suo capolavoro assoluto.

 

 

 

 

 

 

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