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Eric Clapton: Le canzoni più sottovalutate del leggendario chitarrista

Eric Clapton è uno dei migliori chitarristi di tutti i tempi. Il suo apporto sulla scena musicale contemporanea continua ad essere dei più profondi; influenzando, a tutt’oggi, migliaia di musicisti, emergenti o navigati che siano. Il suo stile unico, misto alla caratura emotiva elevatissima dei suoi brani di maggior successo, gli hanno permesso di guadagnare l’ammirazione unanime di un pubblico vastissimo sin dai suoi esordi. Sebbene la sua vita sia madida di controversie e, sia stata spesso osteggiata dalla tragedia; la musica ha sempre rappresentato, per lui, una costante. Nei momenti più bui, come la morte di suo figlio Conor, il leggendario Slowhand ha saputo ritrovare la retta via attraverso la chitarra.

Il playing di Eric Clapton rimane, ancora oggi, uno dei più affascinanti, essendo sempre al centro di accesi dibattiti nella comunità chitarristica e non solo. Attraverso il suo strumento e la sua voce, Slowhand si è affermato come un’icona culturale negli anni d’oro del Rock; conquistando i plausi e le attenzioni di milioni di persone in tutto il mondo. Sebbene Eric Clapton abbia messo la firma su alcune delle pietre miliari più brillanti nella storia della musica moderna, alcune sue canzoni rimangono, a tutt’oggi, particolarmente sottovalutate; pur essendo brani straordinari. In questa classifica, abbiamo deciso di elencare alcune delle tracce meno famose di Slowhand che, sicuramente, vale la pena di rivalutare.

5) Ocean Boulevard

Il brano, uscito nel 1974, venne posto in chiusura del suo disco di ritorno, intitolato 461 Ocean Boulevard. Slowhand sapeva di avere davanti una bella canzone quando ascoltò per la prima volta quella che sarebbe diventata Ocean Boulevard, composta dal suo secondo chitarrista, il giovane e oltremodo talentuoso George Terry. Eric Clapton apprezzò molto l’upbeat esuberante di cui si compone la traccia. Dal riff principale al break, le parti di chitarra sono, sostanzialmente, impeccabili.

4) Hard Times

Il brano, originariamente scritto da Ray Charles, risente profondamente dello stile che ha reso iconico Eric Clapton nella versione da lui proposta, magnificamente introspettiva. Linee di chitarra Blues impressionanti si scagliano su una strumentale languida e solenne, in un tripudio emozionale esplosivo. Slowhand eseguì la canzone regolarmente durante il tour promozionale di Journeyman, per poi eliminarla dalla scaletta dei suoi live. Si tratta, senza ombra di dubbio, di una delle canzoni più sottovalutate nella discografia di Eric Clapton.

3) The Shape You’re In

Tratta da Money And Cigarettes del 1983, The Shape You’re In è un brano dal ritmo travolgente, capace di tessere atmosfere catchy, pur non disdegnando riff di chitarra formidabili. The Shape You’re In è una canzone divertente che, tra l’altro, include un duello a sei corde con la leggenda del Blues Albert Lee. Proprio come alcune pietre miliari come Layla e Something dei Beatles, The Shape You’re In è dedicata a Pattie Boyd.

2) Peaches And Diesel

Tratta dal triplo platino Slowhand del 1977, Peaches And Diesel venne rilasciata come lato B della celeberrima Wonderful Tonight. Si tratta di una strumentale, tra le canzoni più sottovalutate in assoluto di Eric Clapton. La traccia si muove su un climax molto simile a quello della pietra miliare sopracitata, pur lasciando esprimere a pieno la meravigliosa chitarra di Eric, libera di tessere arabeschi avvolgenti su una ritmica rilassante, seppur eclettica.

1) Just Like A Prisoner

Da Behind The Sun del 1985, Just Like A Prisoner rappresenta, per molti, un monito alla liberazione che Slowhand scagliò contro le condizioni releganti dell’industria musicale degli anni ’80. Il brano presenta, senza ombra di dubbio alcuna, uno dei suoi assoli più rabbiosi. Parliamo di un’esplosione di adrenalina allo stato puro che si protrae per lungo tempo, culminando in dissolvenza, con una brusca, seppur voluta, interruzione della sezione ritmica. In Just Like A Prisoner, Clapton lascia trasparire il suo disappunto nei confronti delle produzioni degli anni ’80, principalmente composte da sintetizzatori pressoché opprimenti e batterie troppo in risalto nelle incisioni, capaci di distrarre anche gli ascoltatori più attenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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