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I peggiori album di fine carriera nel Rock

Quando un artista, specie se iconico, raggiunge la fine della carriera, la sua principale prerogativa diventa quella di scolpire il suo nome nell’eternità con un lascito prestigioso. Ovviamente, nel suo tentativo di dare luogo ad un ultimo, glorioso, lavoro, l’artista giunge sempre a scontrarsi con una serie di vicissitudini di natura più o meno grave. Capaci, talvolta, di inficiare sulla riuscita dei suoi piani. Ovviamente, il discorso tende ad amplificarsi notevolmente quando si parla delle band che, giunte al capolinea, spesso sortiscono l’effetto delle fratture che hanno spinto i loro membri a prendere la decisione di separarsi. In questa classifica, abbiamo deciso di raccogliere alcuni tra i peggiori album di fine carriera nella storia del Rock.

Twisted Sister – Love Is For Suckers

I Twisted Sister hanno sfruttato un carico di aggressività impressionante per dare vita ai loro classici più famosi. Quando la rabbia incontenibile dei membri del gruppo era, finalmente, prosciugata dopo molti anni trascorsi tra palco e studio, il risultato finale del loro ritorno al banco non poté non essere poco soddisfacente. Love Is For Suckers vede Dee Snider incapace di scrivere con lo stesso smalto di un tempo e la line-up del gruppo tanto compromessa da trasportare le proprie incomprensioni sulle tracce incise.

The Stone Roses – Second Coming

All’inizio degli anni ’90, gruppi come gli Stone Roses riaffermarono il Regno Unito come punto nevralgico della musica internazionale, spostando almeno in parte l’attenzione degli ascoltatori, totalmente rivolta verso le rivoluzioni soniche del Grunge di Seattle. Con il loro glorioso debutto, gli Stone Roses introdussero il mondo al Britpop, genere che sarebbe, successivamente, stato portato alle stelle da band come Oasis e Blur. Ciò nonostante, Second Coming, loro secondo lavoro in studio, fu un disco deludente che, salvo poche tracce, gettò la band nel baratro. Gli Stone Roses si sarebbero, del resto, sciolti a pochi giorni dall’uscita dell’album.

Motley Crue – Saints Of Los Angeles

Per quanto inciso e concepito con grande attenzione per i dettagli, Saints Of Los Angeles, l’ultimo atto in studio per i Motley Crue, venne percepito come l’ennesimo tentativo da parte di una band sorpassata di riportare l’Hair Metal e le sue patinature stucchevoli in vetta alle classifiche commerciali, con uno sguardo nostalgico agli antichi fasti degli anni ’80. Sebbene i Motley Crue siano una band iconica, Saints Of Los Angeles è uno dei peggiori album di fine carriera nella storia del Rock.

The Velvet Underground – Squeeze

I Velvet Underground sono stati una massima fonte d’ispirazione per il mondo del Rock. Avendo sviluppato, attraverso uno slancio creativo impressionante, forme primordiali di sottogeneri storici come il Punk e l’Art Rock. Ciò nonostante, il loro ultimo album, Squeeze, non fu assolutamente all’altezza delle aspettative. In realtà, si trattò di un disco lontano dagli orizzonti visionari della band principalmente a causa dell’assenza di Lou Reed e John Cale. Nonostante i tentativi di Doug Yule di rendere il disco un addio efficace, con la partecipazione di Ian Paice alla batteria, Squeeze non riuscì ad avvicinarsi alle grandi opere rivoluzionarie dei Velvet Underground.

The Clash – Cut The Crap

I Clash, nei loro anni d’oro, riuscirono a sovvertire un genere, già di per sé ribelle per definizione, come il Punk. Lo slancio estroso di Joe Strummer e Mick Jones, infatti, rivoluzionò i canoni stilistici del genere, attraverso lo sviluppo di uno spiccato senso per la melodia, riflessosi pedissequamente nei brani più evocativi del gruppo. Cut The Crap, però, segnò il declino definitivo della band. Si trattò, infatti, di un disco stucchevole, in cui effetti come il chorus e le drum machine la fanno da padrone, generando sound confezionati ben poco in linea con l’attitudine sconfinata del gruppo.

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