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Metallica: come Master Of Puppets ha cambiato le regole del Metal

È il 24 febbraio del 1986 quando il panorama musicale viene totalmente catapultato nel capitolo più importante nella storia dell’ Heavy Metal. A farla da padrone, il Thrash, con i suoi ideatori, i Metallica, che, al di là di falsi miti e voci di corridoio, sono diventati i maggiori esponenti del genere. Master Of Puppets è un album di proporzioni bibliche, che ha raccolto milioni di fan in tutto il mondo. Il disco è la prova tangibile di come, una comunità possa collidere in armonia nonostante le sostanziali differenze tra gli elementi che la compongono. Ferocia selvaggia e rabbia incontrollabile possono coesistere con l’ingenuità della melodia, dando vita ad un capolavoro d’ordine nel caos più totale. Master Of Puppets dei Metallica, infatti,  stupisce sin dall’ascolto delle prime note, attraverso una intro dolce, seppur decisa che sostiene prontamente altri due motivi armonizzati con sapienza.

Si tratta del terzo album della band, al quale i Metallica si presentano forti e rinvigoriti; coadiuvati nell’impresa da un’etichetta di prestigio come l’Elektra, tacita fautrice dell’ampliamento del target a cui l’opera del gruppo era rivolta. Prende parte al disco la formazione che, secondo gli appassionati, è la meglio riuscita nella storia del gruppo. James Hetfield alla chitarra ritmica e alla voce, Lars Ulrich alla batteria, Kirk Hammett alla chitarra solista e, ultimo ma assolutamente fondamentale per delineare il successo dei Metallica; il genio instabile di Cliff Burton. Mitico bassista degli anni ’80 capace di trasportare gli ascoltatori in un delirio onirico inverosimilmente straordinario. Cliff Burton morì tragicamente in un incidente stradale, mentre la band era coinvolta in una tournée svedese, a pochi mesi dal concepimento del disco. La scomparsa del loro bassista, gettò i Metallica e i suoi fan intorno al mondo nell’oscurità più totale.

L’impatto dei Metallica sulla scena degli anni ’80

Nel pieno degli anni ’80 la musica seguiva percorsi fortemente controversi, abbracciando i generi più disparati e assumendo molteplici sfumature, spesso incapaci di collimare tra loro. Sono gli anni del Pop e dei sintetizzatori fortemente ostentati, del Glam e dell’Hard Rock. In questo marasma, band come Metallica e Megadeth esplorano nuove frontiere sonore, più estreme, in modo da poter esprimere attraverso parole e suoni il sentimento di denuncia contro le falle del sistema socio-politico dell’epoca.

Battery, brano di lancio del disco, sembra riportare alla mente il riff d’apertura dell’album precedente. Passaggi di chitarra violenti, a cui ben presto si sovrappongono rullate esplosive alla batteria che aggrediscono l’ascoltatore. La voce di Hetfield si obietta contro il riff di matrice fortemente semplicistica, costruendo una strofa ben articolata. È la seconda parte del brano a sintetizzare alla perfezione l’essenza dei Metallica. Poche note, madide di vigore, sembrano stendere un tappeto rosso al primo solo di Kirk Hammett, reduce da due anni di lezioni con Joe Satriani.

La title track e lo sperimentalismo della band

La chitarra squarcia senza tregua i timpani di chi ascolta attraverso uno dei punti più alti mai toccati nella storia del Thrash Metal. Master Of Puppets, la title track capolavoro dei Metallica, irrompe pesantemente sul panorama musicale degli anni ’80, penetrando e insinuandosi come un tormentone, pur incalzando petulante attraverso le grida di Hetfield che, successivamente tesse sapientemente un assolo travolgente. Rabbia e cruda esaltazione racchiuse perfettamente in questo brano. Master Of Puppets è il disco che meglio riassume l’opera dei Metallica, attraverso canzoni come la title track,  Welcome Home (Sanatorium) e la ferocissima Damage Inc. che chiude l’album nel migliore dei modi.

Ma non è tutto, Master Of Puppets è il disco che spinge i Metallica su una nuova frontiera sperimentalistica che meglio si discosta dall’esplosività dei riff contenuti nei brani sopracitati, dalle rullate incessanti e dalle linee di basso incisive quanto melodiche che lo caratterizzano. Il disco, infatti, riprende i tentativi della band di immergersi nel mondo del Progressive Metal attraverso The Kall Of Ktulu di due anni prima. I Metallica toccano l’utopico, stravolgono il loro sound attraverso Orion e Leper Messiah. Siamo di fronte a composizioni nelle quali senso estetico ed esecuzione tecnica magistrale, si sposano alla perfezione. Grazie a Master Of Puppets, possiamo consacrare il 1986 come l’anno in cui il Thrash Metal ha dato vita ad alcune delle pietre miliari della musica più significative di sempre.

 

 

 

 

 

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