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I cinque migliori brani per chitarra di Jeff Buckley

La storia di Jeff Buckley e della chitarra con cui ha composto alcune delle opere di cantautorato più belle ed iconiche nella storia della musica moderna, continua ad affascinare e coinvolgere come poche. La carriera di Jeff iniziò nel modo più classico e poetico possibile. Il giovane cominciò a suonare in lungo e in largo, sperando di accumulare una discreta affluenza agli show che teneva nei Pub.

Una voce come la sua, non aveva rivali e, per quanto non ci fosse certezza all’epoca, ad oggi sembra chiaro che, il suo nome, sarebbe rimasto scolpito in modo indelebile nella storia della musica. I suoi primi spettacoli riscossero un ottimo successo grazie al passaparola e, da li, Jeff seppe dare luogo ad una carriera a dir poco meravigliosa, seppur tristemente breve.

Jeff Buckley propose uno stile diametralmente opposto rispetto a quello dei suoi contemporanei; ma il destino, come sappiamo, gli fu particolarmente beffardo. Dopo una interminabile kermesse, durata quasi due anni, in giro per il mondo, il cantautore fece ritorno a Memphis. Nella notte in cui avrebbe incontrato la sua band, decise di andare a nuotare nel Mississipi, trovando la morte per annegamento. Quella di Jeff Buckley è tra le perdite più catastrofiche negli annali del Rock e, ad oggi, la sua musica, rappresenta un cult per il genere al quale appartiene. In questa classifica, abbiamo deciso di rendere omaggio a Jeff Buckley, elencando alcune delle più belle canzoni che abbia mai composto, con giri di chitarra straordinari e madidi d’emozione.

5) I Know It’s Over

Non possiamo, di certo, ricordare Jeff Buckley come un solista virtuoso. Ciò che ha reso iconico il suo stile alla chitarra è l’uso che ne faceva per accompagnarsi alla voce. Attraverso una chitarra elettrica in pulito, Jeff riusciva a stendere tappeti melodici struggenti, accarezzandoli con la sua voce intrisa di sentimento. Il connubio tra Jeff Buckley e la chitarra è semplicemente impareggiabile, soprattutto sulle cover che decideva di reinterpretare. Tra questa, il classico degli Smiths, I Know It’s Over, in cui l’arpeggio è semplicemente sensazionale, nonché ricco di sfumature.

4) So Real

La traccia riflette perfettamente l’inquietudine dell’autore, sin dal primo ascolto. Ad un certo punto, il brano collassa su sé stesso, sprofondando nel caos più totale. Ciò che colpisce di So Real è la capacità con cui, Jeff Buckley, sia stato capace di creare uno straordinario processo empatico con l’ascoltatore, grazie alla scelta di una strumentale audace e, a tratti, psichedelica, che fa da sfondo ad una linea melodica paranoide e straziante.

3) Satisfied Mind

Come molte delle sue canzoni rilasciate postume, Satisfied Mind racchiude meticolosamente l’essenza di Buckley. L’archetipo del suo sound semplice e genuino, lui e la sua chitarra. Satisfied Mind è un brano meraviglioso, una registrazione perfetta e spontanea. La traccia è un omaggio straordinario ad una canzone di Jack Rhodes degli anni ’50. Il brano, venne intonato al funerale di Jeff Buckley, nel 1997. I riff di chitarra suonati da Jeff Buckley in Satisfied Mind sono assolutamente straordinari e la sua voce è capace di travolgere ed emozionare come nessuna.

2) Mojo Pin

Jeff Buckley fu consacrato alla leggenda grazie ai suoi formidabili show dal vivo. Ciò che, però, l’ha presentato al panorama Rock, scolpendo il suo nome nell’eternità, è Mojo Pin. Un brano che contiene, sostanzialmente, ogni aspetto della sua musica. La canzone si introduce con un coro angelico di Buckley e una chitarra magnificamente arpeggiata. Dopo un minuto e mezzo, fanno capolino la batteria ed un muro di chitarre che, per quanto melodiche, appaiono come la calma prima della tempesta. In effetti, Mojo Pin attraversa attimi di pura estasi attraverso la voce di Jeff e le chitarre che, man mano, diventano sempre più consistenti, rivelando l’eclettismo istrionico con cui, ad oggi, ricordiamo la sua opera.

1) Je N’en Connais Pas La Fin

Probabilmente una delle canzoni più belle mai incise da Jeff Buckley. Per debuttare sulle scene, il cantautore consigliò alla Columbia Records di registrare una delle sue performance al Sin-é di New York, un locale della zona. Jeff divenne famoso grazie alle sue esibizioni per chitarra e voce e per il fatto che, al tempo, avesse rifiutato la proposta della label di affiancargli una full band che sarebbe stata al suo servizio. Je N’en Connais Pas La Fin è una versione alternativa e straordinariamente orchestrata di un brano di Marguerite Monnot che, pur tessendo le atmosfere carnevalesche e variegate di una Parigi in festa, nasconde un velato alone di malinconia e di passionale romanticismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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