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Perché i musicisti stanno vendendo i propri diritti alle case discografiche?

Nel corso degli ultimi tempi, diversi musicisti hanno scelto di vendere i loro diritti alle case discografiche. Un chiaro esempio è rappresentato da Bob Dylan, che ha venduto tutto il suo catalogo di testi all’etichetta Universal Music per circa 300-400 milioni di dollari. Per un artista che ha sempre tenuto ai suoi diritti d’autore, si tratta di una vera e propria rivoluzione.

A novembre, era stata la volta della cantante dei Fleetwood Mac Stevie Nicks, che ha venduto l’80% dei suoi diritti sulle proprie canzoni alla Primary Wave. Gli Imagine Dragons, ad agosto, hanno ceduto il loro catalogo per più di 100 milioni di dollari alla Concord Music. Anche Dolly Parton sembra intenzionata a seguire lo stesso percorso, così come i BlondieBarry ManilowRick James e tanti altri.

Per quali ragioni gli artisti stanno vendendo la loro produzione alle case discografiche? Lo spiega il direttore editoriale di BillboardRob Levine, in un’intervista rilasciata al sito web Market Watch.

Il potere crescente di Spotify

Il primo aspetto che coincide con la vendita alle case discografiche riguarda la crescita di piattaforme di streaming come Spotify. I suoi ricavi superano i 10 miliardi di dollari all’anno solo negli Stati Uniti, con aumenti incredibili di anno in anno. “Mi è stato detto che musica e alcol sono le uniche due industrie che prosperano sia quando la gente è felice, sia quando è triste”, ha spiegato il consulente finanziario Daniel Weisman. Non a caso, alcuni brani come Dreams dei Fleetwood Mac sono diventati virali durante la pandemia di Coronavirus, nonostante abbiano 40 anni di età.

Il calo dei tassi di interesse per le case discografiche

Chiunque abbia intenzione di acquistare interi cataloghi musicali può investire in massima tranquillità grazie a tassi di interesse contenuti. La loro entità è ulteriormente scesa in seguito alla pandemia. “Quando i tassi dei mutui calano, i prezzi aumentano e più persone possono acquistare grazie alla maggiore concorrenza”, sottolinea Levine. Con tali prerogative, un catalogo musicale può assumere un’attrattiva davvero fuori dal comune per ciascun acquirente.

L’annullamento delle tournée a causa del Covid-19

Come tutti sanno, il 2020 è stato caratterizzato dalla cancellazione dei tour musicali a causa della già citata pandemia di Covid-19. E la situazione non sembra poter tornare alla normalità in tempi brevi. Di conseguenza, le band sono corse ai ripari e hanno sviluppato la loro visibilità nell’ambito dello streaming. “Molti artisti vendono i loro cataloghi perché non sicuri di tornare ad esibirsi in tempi brevi”, ha riferito Levine in merito. Inoltre, il musicista David Crosby ha sottolineato quanto siano importanti di diritti di pubblicazione. La loro vendita alle case discografiche consente di incrementare i guadagni in misura esponenziale.

L’aumento probabile dell’imposta sulle plusvalenze

Oggi, negli Stati Uniti, le plusvalenze sono soggette ad una tassa del 20% sui diritti. Tuttavia, il nuovo presidente Joe Biden vuole far salire la relativa aliquota fino al 40% sulle persone che guadagnano più di 1 milione di dollari all’anno. La vendita di un catalogo musicale può consentire un rapido rientro da simili spese di tassazione. “La vendita di un catalogo autoprodotto è una plusvalenza e riduce la relativa imposta”, sottolinea Levine. Di conseguenza, tanti altri musicisti potrebbero attuare lo stesso accorgimento di Bob Dylan.

Meglio dare i cataloghi alle case discografiche che renderli oggetti di battaglie in tribunale

L’ultimo motivo per il quale le star della musica vogliono vendere la loro produzione alle case discografiche riguarda la chance di evitare lunghe battaglie in tribunale. Diversi artisti, come James BrownPrinceAretha Franklin, sono morti senza aver lasciato alcuna volontà riguardo alla gestione del loro patrimonio. Così parla Levine a riguardo: “Molte rock star hanno vite complicate e vogliono evitare che la loro eredità sia oggetto di una causa”. Ed ecco che una scelta del genere inizia a farsi strada, anche per garantire maggiore tranquillità ai propri successori genealogici.

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