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Perchè le rockstar distruggevano la propria chitarra sul palco

Ci sono domande a cui, soprattutto in un ambito ampio e variegato come quello del rock, non è sempre facile rispondere: perchè i chitarristi, ad esempio, in un certo periodo storico hanno avuto tutti i capelli lunghi? Quando è iniziato il rapporto a braccetto che c’è tra rock e sostanze stupefacenti? Si tratta di interrogativi costanti, che fanno la storia del genere così come il genere stesso. Vogliamo provare a rispondere a uno di questi: perchè le rockstar distruggevano la propria chitarra sul palco?

Quali rockstar distruggevano le chitarre sul palco

Di rockstar che distruggevano chitarre sul palco ce ne sono state tantissime nella storia della musica. Alcune sono passate alla storia più di altre, ma il numero di personalità che hanno sfasciato il proprio strumento è maggiore di quanto si possa credere. Da Pete Townshend, leader e chitarrista dei Who passato alla storia per essere uno sfasciachitarre, fino a Kurt Cobain che non era certamente da meno.

I più nostalgici ricorderanno sicuramente che fine fece la Stratocaster di Jimi Hendrix, incendiato in occasione del Monterey Pop Festival e poi recuperata e riparata da Frank Zappa. Ma all’appello non si possono non inserire I Beatles, tra gli iniziatori di questa pratica così amata e contestata. Esempio più recente che il pubblico italiano farà fatica a dimenticare è quello dei Placebo a Sanremo: in quell’occasione fu il leader Brian Molko a provocare le ire sanremesi sfasciando la sua chitarra al termine di un’esibizione che non fu certo apprezzata dalla nicchia dell’Ariston.

Rockstar che distruggevano la propria chitarra sul palco: la storia di una tradizione contestata

I primi di cui sia accertata la pratica di sfascia-chitarre sono I Who, senza alcun dubbio, anche se Paul McCartney – in una vecchia intervista – recriminava la paternità dell’atto, che sarebbe stato compiuto per la prima volta al Cavern. Il luogo è stato, in effetti, teatro di grandi emozioni per gli spettatori che si sono trovati ad assistere ad atti etichettati come vandalici, ma carichi di un grande significato. E se vi dicessimo che la prima chitarra sfasciata da Pete Townshend è stata distrutta per errore?

Suonando in un piccolo locale sotterraneo, il chitarrista dei Who si sfilò lo strumento e urtò, inavvertitamente, il soffitto provocando la rottura della propria chitarra. Si trattò di un qualcosa che inspiegabilmente, venne apprezzato dal pubblico presente. In breve tempo il chitarrista divenne “lo sfascia-chitarre” e acquisì celebrità per questo. Un gesto tipicamente punk – nel senso stretto di ribellione al sistema – che fece il giro del mondo, conquistato il pubblico di ogni dove, e ottenendo anche grandi contestazioni. Ma l’interrogativo rimane sempre lo stesso: che senso ha distruggere la propria chitarra?

Perchè le rockstar distruggevano le chitarre sul palco?

Le spiegazioni a un atto che ha fatto sicuramente la storia della musica possono essere molteplici, e non è detto siano necessariamente valide. Si tende ad associare l’atto ad una volontà di ribellione e provocazione da parte delle rockstar: nel caso dei Placebo a Sanremo, ad esempio, il motivo fu tutto lì; una band come quella dei Placebo, che portava sul palco un brano sulla ketamina, si aspettava una risposta certamente differente dal pubblico dell’Ariston che non fosse una serie di facce incerate e noncuranti del vero significato del brano.

Altre volte, però, il motivo è stato differente: nell’atto di Jimi Hendrix c’è molto più che una semplice ribellione; si tratta di una protesta radicata, decisa, in un momento storico particolare in cui si trovava a vivere. Altre volte le rockstar distruggevano la propria chitarra semplicemente come atto di “sfogo”, al termine di dure sessioni di concerti consecutivi. E se fosse stato, invece, soltanto un modo per accontentare un pubblico famelico di grandi emozioni? Anche la componente mediatica non va sottovalutata, specie nel caso dei Who, che – ad un certo punto della loro storia – iniziarono a sfasciare chitarre così tanto da far quasi perdere il senso stesso dell’atto.

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