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I misteri che avvolgono la morte di 5 Rockstar

Vittime della musica: 5 morti di superstar ancora avvolte nel mistero

Il mondo della musica è meraviglioso e spietato allo stesso tempo. Molte sono state le vittime della musica.   Ecco alcune delle morti del mondo musicale più misteriose, che hanno avuto come protagonisti delle star troppo giovani per morire…sempre che siano morte veramente…

Il 3 Luglio 1969 muore Brian Jones: come è morto il fondatore dei Rolling Stones?

Brian Jones, chitarrista e fondatore della band “The Roling Stones”, aveva comprato da un paio di anni la Cotchford Farm, residenza estiva di A. A. Milne, cretore di “Winnie the Pooh“.
Il giorno prima, Brian, ha licenziato Frank Thorogood, un costruttore che ha già sistemato la casa dell’amico e “Rolling Stone” Keith Richards e che da qualche mese sta dirigendo i lavori nella residenza di Jones.

Il giorno prima della morte di Brian Jones: il chiarimento con Thorogood

Il 2 luglio, la Wholin e Brian Jones trascorrono tutto il giorno nella loro splendida dimora.
Dopo cena, Jones decide che è il momento di chiarirsi con Thorogood.
Jones chiama Thorogood e la Lawson e, dopo qualche drink, la conversazione dei due diventa strana.
Thorogood ascolta le motivazioni fornitegli da Jones circa il suo licenziamento.
La star propone di andare in piscina.

Nuotare lo rilassa, lo aiuta a schiarirsi le idee e, oltretutto, è un notatore esperto.
Jones da piccolo aveva sofferto d’asma e, ovunque vada, è costretto a portarsi dietro un inalatore.
Quasi da subito, Jones si mette a scherzare. Il gioco continua e, a turno, uno porta sotto l’acqua l’altro.
Janet raggiunge la piscina e avverte la Wholin, che era andata con loro, che c’è una telefonata per lei.
Lei si allontana e va a rispondere al telefono.

Quando arriva, la linea sembra caduta, quindi si dirige al primo piano e si reca in camera da letto.
La chiamata è da parte di Terry, un’amica che la sta chiamando da Londra, ma, nuovamente, la Wholin sente che la Lawson la sta chiamando agitata.
La Wholin si precipita giù dalle scale e passa per la cucina dove vede Thorogood con un asciugamano sulle spalle che si sta accendando una sigaretta. Le sue mani tremano in modo evidentissimo.
La Wholin si avvicina al bordo della piscina e lì scopre il corpo esanime di Brian Jones.

Si tuffa e lo riporta a galla e supplica Thorogood di aiutarla. Lui arriva, senza mostrarsi troppo agitatato.
Non ha alcuna reazione e non risponde alle accuse di lei. La Lawson tace: non sa nuotare e quando ha visto il corpo di Brian ha immediatamente chiamato la Wholin. Si tenta un massaggio cardiaco ma Brian Jones è morto. Ha solo 27 anni. Alle due di notte, la tragica notizia raggiunge gli altri Stones che qualche tempo prima lo avevano allontanato dal gruppo sostituendolo con Mick Taylor.

Il concerto ad Hyde Park in onore di Brian Jones

La band era in studio per registrare “I Don’t Know Why”, un pezzo di Stevie Wonder.
Il 5 luglio, i “The Rolling Stones” tengono il concerto gratuito ad Hyde Park. In apertura, Mick Jagger legge i versi  dell’ ”Adone” di Percy Bysshe Shelley e Tom Keylock libera nell’aria migliaia di farfalle bianche.
Per molti, questo sarà uno dei peggiori concerti della band.

I Funerali di Brian Jones

Il 10 luglio, nella città di Chaltenham, luogo natale di Jones, si svolgono i funerali.                                             Le spoglie di Jones vengono deposte in una bara di bronzo. Solo Bill Wyman e Charlie Watts sono presenti all’ultimo saluto dell’amico: Mick Jagger e Marianne Faithfull sono in Australia a girare un film e Keith Richards e Anita Pallenberg, ex fiamma di Jones, non prendono parte all’evento.
L’esame post-mortem rivelò che non vi erano sostanze dopanti nel sangue della rockstar e anche la percentuale di alcool rientra nei limiti.

Brian Jones: una morte ancora avvolta nel mistero

Nei giorni successivi, mentre gli esami sono ancora in corso, Tom Keylock e Frank Thorogood minacciano la Wholin dicendo che “non c’è bisogno che si inventi chissà quale storia”…
Qualche anno dopo, sarà poprio Keylock a raccogliere la confessione di Thorogood sul suo letto di morte.
Thorogood gli dice che quella volta non aveva voglia di scherzare e che erano arrivati un paio di operai.
Lui gli aveva preso le gambe mentre gli altri lo tenevano sotto. Continuavano a dirgli di mostrare quanto fosse bravo a nuotare, ma che forse lo avevano tenuto sott’acqua un po’ troppo…

Keylock si rivolge a Scotland Yard, ma per la polizia il caso è chiuso.
La Wholin, però, non si rassegna. Nel 2005, raccoglie l’invito del regista Stephen Wooley e lo aiuta a ricostruire gli eventi di “Stoned”, un film su quella terribile notte del 1969.
Anche il responsabile del “Brian Jones Fan Club”, Trevor Hobley non si arrende e trova nuovi indizi sulla colpevolezza di Thorogood. A questo punto, la polizia decide finalmente di riesumare il cadavere dello Stone e di riaprire le indagini.

18 settembre 1970, Jimi Hendrix: muore il figlio del voodoo

Alle undici e quarantacinque circa, il corpo senza vita di Jimi Hendrix giunge al pronto soccorso dell’ospedale St Mary Abbot’s di Kensington. Identificato dal manager Gerry Stickells, viene poi analizzato dal medico legale Martin Seifert, il quale ne dichiara ufficialmente la morte. Età: 27 anni.
Ormai sono le dodici e quarantacinque minuti.
L’analisi successiva verrà effettuata dal coroner di West London, Gavin Thurston.

Come è morto Jimi Hendrix?

Egli conferma il primo referto: il chitarrista statunitense è morto per soffocamento per l’ingestione del proprio vomito.
La causa sembra da attribuirsi a un’intossicazione da barbiturici.
Molti, però, a distanza di anni, i dubbi mai risolti legati alla morte di Hendrix e alle circostanze in cui questa è avvenuta.
Contradditorie e confuse risultano le testimonianze di Monika Dannemann, ex pattinatrice dell’ancora Germania Est e personaggio chiave di tutta la faccenda.

La Dannemann, attuale fidanzata della star, lo ha convinto a tenere la sua camera nell’albergo Cumberland, Kensington, ma a trasferirsi nel suo appartamento al Samarkand Hotel a Notting Hill.
Nel giardino del Sandmark, la Dannermann scatta le ultime foto alla star mentre, sorridente, imbraccia la sua Stratocaster nera.
La Dannermann dichiarerà successivamente: “Le voleva utilizzare per la copertina del suo nuovo album”.

17 settembre 1970:Le ultime ore di vita di Jimi Hendrix

Sono da poco trascorse e tre del pomeriggio e Jimi Hendrix e Monika Dannermann, dopo il set fotografico, lasciano l’appartamento.
Passano in banca a prelevare e poi si dirigono verso il mercato di Kensington e poi al Chelsea Antique Market: la star ordina un paio di scarpe, compra una giacca di pelle, delle camicie e dei pantaloni.
Pare che Hendrix incontri Kathy Etchingham, una sua storica ragazza, e la inviti per le otto di sera al Cumberland.
La Etchingham dichiarerà successivamente di aver declinato l’invito e di pentirsi amaramente per la scelta fatta.
Sempre quel pomeriggio, il chitarrista chiama il suo manager, Mike Jeffery, ma non lo trova.
Mentre è con la Dannermann a Chelsea, su King’s Road, incontra un’altra sua ex fidanzata, Devon Wilson che lo invita ad una festa.

A questo punto, la Dannermann e Hendrix tornano al Cumberland Hotel.
Mentre sono bloccati nel traffico, sono affiancati da una Ford Mustang bianca, nella zona di Marble Arch.
Sull’auto, ci sono Phillip Harvey, figlio di un importante Lord del Parlamento, al volante, e due sue amiche.
Invitano Hendrix e la Dannermann a prendere un the: accettano, ma la star vuole prima tornare in hotel per ritirare dei messaggi.

Poi si recano a casa di Harvey.
Sono all’incirca le cinque e mezzo del pomeriggio.
Tutti si accomodano in salotto, bevono the ascoltando musica e fumando hashish.
Bevono anche un paio di bottiglie di vino rosso.
Verso le otto di sera, una delle ragazze prepara la cena: riso e insalata.

Sono circa le dieci quando la Dannermann comincia a innervosirsi, facendo una scenata di gelosia.
Lei e Hendrix, quindi, lasciano l’appartamento.
Sono le dieci e quaranta quando lasciano l’abitazione a Clarkes Mews 4.
Da quando i due lasciano l’appartamento, si accavallano diverse versioni su come siano realmente andate le cose.
Cioò che è sicuro, a parte l’ora, è che il chitarrista si reca alla festa di Peter Cameron, dove ci sono Devon Wilson e Angie Burdon, moglie del leader degli Animales e amico di Hendrix.

E’ lì che la star assume una certa quantità di Durophet o Black Bomber: anfetamina.
Le tracce dello stupefacente verranno rintracciate durante l’esame tossicologico effettuato sul cadavere.
Successivamente, ritorna dalla Dannermann la quale rilascerà in seguito testimonianze contraddittorie.
Lei ha sempre sostenuto che Hendrix avesse assunto dei tranquillanti per dormire e che il medicinale, il Vesparax, fosse molto forte.

Solitamente, la dose consigliata era di mezza pasticca, ma pare che il chitarrista ne abbia ingurgitato nove pastiglie.
Questa, insieme alla dose di alcool, anfetamine e barbiturici, sembra sia stata la causa scatenante della morte.
Secondo la ricostruzione della Dannermann, i due avrebbero parlato fino alle sette del mattino prima di addormentarsi.

Verso le dieci e trenta del mattino, anche se a volte ha dichiarato fossero le undici, lei lo trova incosciente in un lago di vomito.
Colta dal panico, chiama la Burdon che le dice di chiamare soccorso.
Il più importante biografo di Jimi Hendrix, Caesar Glebbeek, ha provato che uno dei due paramedici arrivati sul posto, fosse un razzista e che, alla vista di un nero, non abbia prestato tutti i soccorsi necessari.

La Dannermann, schiacciata dai sensi di colpa, si ritirerà nella sua casa di campagna di Seafort, Inghilterra, dipingendo Hendrix come soggetto delle sue opere.
Ha sempre accusato la Etchingham, sia nelle numerose interviste e dichiarazioni, sia nel suo libo “The Inner Life Of Jimi Hendrix”, di essere la vera responsabile della morte del chitarrista oltre che una calunniatrice.
Perderà anche l’ultima cause nel 1996 e il 5 aprile si suiciderà con il gas di carico della sua auto.
Con lei, svanisce anche la possibilità di chiarire una volta per tutte le reali cause dell morte di Hendrix.

I funerali di Jimi Hendrix

E’ il 1° ottobre del 1970 quando la bara di Jimi Hendrix viene portata nella piccola chiesa battista di Rainer Avenue, a Seattle.
La famiglia, in assenza di testamento, ha voluto seppellire il chitarrista nella sua città natale e non in quella che lo aveva visto morire.
Era stato a Seattle l’ultima volta il 26 luglio per un concerto, esibendosi nello stesso stadio in cui tredici anni prima aveva visto il suo idolo: Elvis Presley.

Quel giorno di luglio, aveva piovuto ininterrottamente e quando arrivò il suo turno di salire sul palco, vide i fan distrutti lasciare prato e tribune.
Il padre, Al Hendrix, lo aveva poi accompagnato all’aeroporto.
Per ben tre volte, la star sale e scende dalle scala dell’aereo…
A Chuck Wein aveva confessato: “Se tornerò a Seattle, sarà in una cassa da morto”…

L’ultimo saluto al Re della chitarra avviene in forma privata e la bara è trasportata dalla gente del luogo.
La famiglia non aveva gradito la proposta del batterista Buddy Miles: un concerto rock a New York.
In chiesa riecheggia la musica Gospel e i canti sono intonati dalla cantante afroamericana Petronella Wright.
Segue una lunga processione di automobili verso il cimitero di Greenwood, a Renton, un quartiere della periferia della città.

L’ultima canzone suonata davanti alla bara è “When The Saints Go Marchin’ In”.
Ci sono anche gli amici della “Experience”: il bassista Noel Redding e il batterista Mitch Mitchell, arrivati dall’inghilterra per la cerimonia.
Presenti il manager Michael Jeffery, il fonico Eddie Kramer, il producer Alan Douglas e i musicisti John Hammond e Johnny Winter.
Dopo la cerimonia, nel locale del centro città “Food Circus”, si tiene un omaggio musicale in cui si susseguono Redding, Miles, Hammond e Winter.

La tomba è, ancora oggi, meta di pellegrinaggio di fan che arrivano da tutto il mondo per salutare l’artista.
Circa 14mila persone l’anno fanno tappa davanti alla targa, con Fender Stratocaster scolpita, che recita:
“Per sempre nei nostri cuori/James M. Jimi Hendrix/1942-1970”.
Il chitarrista aveva dichiarato: “Quando morirò, continuerò a suonare la mia musica”

3 luglio 1971 Jim Morrison: la morte del “Re Lucertola”

Alle sette e mezzo del mattino del 3 luglio 1971, il corpo di Jim Morrison, leader dei “The Doors”, viene rinvenuto privo di vita nella vasca da bagno della su residenza parigina, da lui ribattezzata “The Hotel”, al terzo piano di Rue de Beautreillis 17, nel 4° arrondissement, Parigi. Nello stesso stabile aveva abitato anche Oscar Wilde.

Come è morto Jim Morrison: i testimoni del tragico evento

Solo due testimoni: la fidanzata Pamela Susan Curson e l’amico conte Jean de Breteuil, amante di Madame Faithfull e loro pusher di fiducia.
Due persone sono giunte su posto: l’amico di Morrison e fotografo Alain Ronay e la compagna Agnès Varda.
Secondo la ricostruzione di Pamela, la sera Morrison avverte dolori al petto e allo stomaco.
E’ troppo poco concentrato per scrivere.

La Curson taglia strisce di eroina.
Entrambe, sulle note psichedeliche dei “The Doors” e le immagini dei loro viaggi, assumono droga.
Completamente stordita, verso le tre del mattino, la Curson si addormenta.
Morrison, nel letto a fianco a lei, fa fatica a respirare e si sveglia di scatto.
Dopo averlo scosso con forza, la Curson riesce a riportarlo in uno stato di coscienza che gli consente di trascinarsi fino alla vasca da bagno, mentre lei si riaddormenta.

Nuovi rumori, di conati di vomito, svegliano la Curson che si precipita in bagno dove trova Morrison in un bagno di acqua e grumi di sangue.
Quando si sente meglio, la invita a tornare a letto.
Sono più o meno le sei del mattino. La Curson si sveglia e, non trovando Morrison al suo fianco, si dirige in bagno dove la porta è chiusa dall’interno. Bussa ripetutamente ma nessuno risponde.

In preda al panico, chiama Breteuil che giunge sul posto in quindici minuti.
Lui rompe il pannello di vetro della porta, gira la chiave e finalmente riescono a entrare.I due trovano il corpo esanime di Morrison nella vasca da bagno. Un rivolo di sangue, forse segno di una violenta emorragia, gli scende dal naso e sul petto spiccano due grossi lividi di colore viola.
Nessuno dei presenti è mai riuscito a chiarire definitivamente che cosa sia davvero accaduto quella mattina.

La Curson e il conte muoiono nel giro di poco tempo dai tragici avvenimenti.
Le loro testimonianze non sono mai state ritenute completamente attendibili.
La ricostruzione ufficiale parla di morte naturale, più precisamente di arresto cardiaco.
Il medico legale, Max Vasille, compila il referto troppo frettolosamente basandosi sul fatto che non ci fossero traumi evidenti sul corpo di Morrison, sui dolori continui di cui da tempo soffriva e sull’abuso di alcolici.

Qualcuno ipotizza che quella notte, il cantante, abbia fatto inconsapevolmente uso di eroina.
Morrison, nel corso della sua vita, aveva provato molte droghe: hashish, LSD, mescalina, cocaina…ma mai l’eroina che a lui non piaceva, nonostante la sua compagna, Pamela Curson, ne fosse dipendente.
La ricostruzione vedrebbe la Curson tagliare strisce di eroina su uno specchio e Morrison, le dice di buttarla ma lei mente dicendogli cha sia cocaina. Lui allora la assume, ma questa gran quantità di droga e l’alcool, avrebbero provocato un enfisema polmonare che lo avrebbe ucciso in poco più di tre ore.

L’intervista dell’amico Sem Barnett sulla morte di Jim Morrison

Nel 2007, Sam Bernett, un presunto amico della rockstar, rilascia una scioccante intervista nella quale dichiara che Morrison sia morto per overdose di eroina in un night club della Rive Gauche: il “Rock’n’ Roll Circus”.
Egli sostiene che Morrison si sia recato al locale per acquistare la droga per la sua compagana, ma che poi abbia assunto una dose letale proprio nei bagni dello stesso.
Bernatt continua spiegando che solo successivamente il corpo di Morrison sarebbe stato trasportato nel suo appartamento dagli stessi spacciatori che gli avevano venduto la droga e che gli avevano giurato di non proferire parola sull’avvenimento per non mettere nei guai i proprietari del night.

Il funerale di Jim Morrison

Anche la cerimonia funebre lascia spazio a forti dubbi.
Il 7 luglio, verso le otto e mezza circa del mattino, nessuna preghiera e nessun cerimoniere vengono chiamati per l’ultimo saluto al “Re Lucertola”.
A cimitero monumentale di Père Lachaise sono presenti solo la Curson, Alain Ronay e Agnès Varda.
Gli amici e colleghi dei “The Doors” pensano sia solo uno scherzo e mandano il manager Bill Siddons a raccogliere ulteriori informazioni, il quale però non riesce a vedere il cadavere.
Quando la sorella, Anne Morrison, apprende la notizia, la star è già stata sepolta.

Il resto della famiglia non partecipa al funerale in quanto, già da molto tempo, i legami con il ribelle Morrison erano divenuti inesistenti.
La superstar muore solo e giovanissimo: appena 27 anni.
…E se invece non fosse mai morto?
Lo stesso Morrison cantava “La morte è un buon travestimento/Per la nottata”, “Porta via tutti i giochi nel suo inquieto giardino”.

Tutte le circostanze non troppo ben spiegate o giustificate elencate sopra contribuiscono ad alimentare il fuoco del mistero.
Inoltre, le notizie sula sua morte tardano ad arrivare e il luogo per la sepoltura del corpo è troppo piccolo.
Numerosi gli avvistamenti di chi lo avrebbe visto nel corso dei primi due anni dalla scomparsa.
Molti i libri scritti sulla sua vita e sul dubbio che riguarderebbe la sua morte.

Le opere dedicate al mistero della morte di Jim Morrison

Nel 1980, gli amici di Morrison Jerry Hopkins e Danny Sugerman, sollevano la questione, seguiti da un altro amico del cantante, Tom Baker, nel giugno dell’anno successivo.
Jacques Rochard, scrittore francese, nel 1986 pubblica il libro “Vivo!” in cui espone le tesi che vedrebbero Jim Morrison in salute, riportando degli incontri che egli stesso avrebbe avuto con la rockstar.
Proprio Morrison, infatti, gli avrebbe rivelato di aver inscenato la sua morte per scappare da una vita troppo pressante per potersi finalmente alla sua grande passione: la poesia.
Nel 1995 verrà pubblicata l’opera “Poesie Apocrife”, raccolta degli scritti poetici che Morrison avrebbe composto dopo la sua morte.

Lo scrittore sostiene di aver ricevuto una busta inviata da Amsterdam, il 22 gennaio 1986.
Nella busta color arancione, priva di mittente, avrebbe trovato tre quaderni con la copertina verde, ognuno recante un titolo diverso scritto a mano e in stampatello: “Gemiti della coscienza”, “Rumori della memoria” e “Parole di polvere”.
Morrison è, da sempre, un personaggio, un mito, amato dalle diverse generazioni. E’ morto giovane e la sua immagine angelica e cristallizzata per sempre, continua a darci la possibilità di vedere ancora e non troppo lontani quei meravigliosi anni Sessanta. La sua poetica è stata paragonata a quella dei poeti maledetti.

Morrison rappresenta il tentativo dell’uomo di essere se stesso nonostante la società e i falsi valori.
Tutte le esperienze che lo hanno riguardato hanno lasciato un’impronta indelebile che, anche senza droghe e alcool, ci porta a conoscere un mondo incredibile.
Come ogni star che si rispetti, i suoi ultimi giorni di vita e la sua morte restano immersi in un’ombra di mistero.
La sua tomba è da sempre visitata da migliaia di fan.
La sua lapide riporta la scritta in greco “Fedele al suo destino/Fedele alla sua anima”.

Il club dei 27:il mistero delle morti rock

Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison fanno parte del famoso “Club J27”: tuuti sono morti all’età di 27 anni, tutti avevano una “J” nel nome e le circostanze lelle loro morti non sono state ancora del tutto chiarite. Alla lista misteriosa delle morti del più ampio “Club 27” si possono aggiungere altre star, fra le molteplici Kurt Cobain e Amy Winehouse.

16 agosto 1977, Elvis Presley: la morte del Re del Rock

Il corpo senza vita del Re del Rock’n’ Roll viene ritrovato il 16 agosto 1977 dalla compagna, Ginger Alden, nel bagno di una delle camere da letto della lussuosa residenza della rockstar, Graceland, a Memphis, Tennesee.
Sono le due e trenta del pomeriggio.
I due membri della sicurezza, Joe Esposito e Al Strada tentano inutilmente di rianimarlo.
Quando arrivano i soccorsi, attorno al corpo ci sono già delle persone, tra cui il padre della star, Vernon Presley.

Accorre anche George Nichopolus, medico personale di Presley.
La star viene portata d’urgenza al Baptist Memorial Hospital, ma ad appena 42 anni, il Re del Roc’n’ Roll, dopo mezz’ora di rianimazione, viene dichiarato morto.Sono le tre e trenta.
Alle quattro la notizia è resa pubblica e subito una folla di gente si raduna davanti ai cancelli della residenza della star, altri si recano all’ingresso dell’ospedale.

L’America è scossa a tal punto che la South Central Bell di Memphis è costretta a chiedere di limitare le chiamate per non sovraccaricare le linee telefoniche.
Il giorno dopo, per volontà del padre, Graceland è aperta a tutti coloro che desiderano salutare Presley per l’ultima volta.
Già al mattino le persone sono 20mila.
La bara è portata da un carro funebre bianco scortato dalla polizia e viene posizionato all’ingresso della casa.

Gli omaggi dei fan del re del Rock

Quando la sera, alle sei e mezza, i cancelli della proprietà vengono chiusi, sono 80mila le persone che hanno reso omaggio al Re.
Molti non riescono nemmeno ad entrare e si registrano svenimenti dovuti alla folla e al caldo.
Due ragazze, addiritura, muoiono travolte da un’auto guidata da un ubriaco.
La stampa non ha accesso all’abitazione, ma il “National Enquirer” riesce a corrompere un cugino del cantante perchè scatti una foto al cadavere.

I funerali di Elvis Presley

L’immagine verrà pubblicata il 6 settembre e riporterà il titolo “Elvis: The Untold Story”.
I funerli si tengono il 7 settembre. Diciassette Cadillac bianche, colore preferito di Elvis, sfilano accompagnando la star al Forest Hills Cemetery di Memphis.

I fiori vengono recapitati da cento furgoni.
Dopo undici giorni, si riceve la notizia di un tantativo di trafugazione della salma, interrata nuovamente a ottobre ma questa volta all’interno di Graceland, vicino al corpo della madre.

Che cosa ha davvero ucciso il Re del Rock’n’ Roll?

Che cosa ha davvero ucciso il Re del Rock’n’ Roll?
A Elvis piace vivere di notte.
Il 15 agosto ha prenotato una visita dentistica alle dieci e trenta di sera.
Il dottore, Lester Hoffman, gli fa una pulizia dei denti e si prende cura di due carie.
Gli fornisce della compresse di codeina nel caso dovesse sentire male.
Il cantante torna a casa e si mette a letto verso mezzanotte.
A notte inoltrata, chiama un menbro del suo entourage, la “Memphis Mafia” chiedendo dei libri.

Il giorno dopo si reca con il suo jet personale “Lisa Marie” a Portland, Maine, dove il 17 agosto è previsto un concerto.
Le ultime esibizioni solo state deludenti a causa di problemi fisici e dello stato mentale confuso.
Negli ultimi due anni è ingrassato notevolmente e lui stesso confessa di annoiarsi durante le sue esibizioni.
E’ capitato che dimenticasse parole di canzoni famosissime o che abbia cancellato degli show per non essersi alzato dal letto.

Quel fatidico giorno, inoltre, la Alden, non vuole partire con lui per il tour.
Litigano, ma a detta di lei, si riappacificano subito e parlano di sposarsi.
Alle due e un quarto la star chiama Nichopoulos e gli chiede di prescrivergli del Dilaudid poichè uno dei denti otturati gli fa male.
Uno degli aiutanti viene mandato alla farmacia notturna del “Baptist Memorial” per acquistare il medicinale.
Dopo un’ora, Presley chiama Esposito e il cugino Billy Smith ai quali chiede di unirsi per giocare a squash insieme a lui e la Alden.

Dopo la partita, Presley assume la prima delle tre dosi quotidiane di medicinali e tranquillanti che gli consentono di dormire.
Poi dice alla Alden che andrà in bagno.
Ormai è mattina.
La Alden si sveglia nel primo pomeriggio e non vedendo il cantante, lo cerca in bagno: lo trova per terra, davanti al water e con i pantaloni abbassati, immerso nel suo stesso vomito e con il viso di color violaceo.

Le ore dopo la morte di Elvis Presley

Dopo il decesso, il coroner e la polizia visitano la casa: tutti i medicinali sono spariti così come il libro che stava leggendo in bagno poco prima di morire, “Sex And Physic Energy” di Betty Bethards.
In ospedale, il coroner Jerry Francisco, della contea di Shelby, conduce l’autopsia sul corpo della star con l’ausilio di altri otto patologi.
Anche il medico personale di Presley è presente.

Fuori dall’ospedale regna il delirio.
La stampa insiste per avere notizie.
Appena ha inizio l’autopsia, viene convovcata una conferenza stampa da parte dei responsabili dell’ospedale.
Francisco comunica la morte del cantante, affermando che la causa è da attribuire a un’aritmia cardica provocata d un’irregolarità del battito del cuore.
La causa, abbastanza generica, è da attribuire a una morte naturale.

Per alcuni testimoni, la comunicazione di Francisco è accompagnata dall’imbarazzo del patologo Eric Muirhead.
In seguito, l’equipe di medici ammetterà di aver trovato nel corpo di Presley quattordici sostanze chimiche differenti di cui dieci oltre il limite di tollerabilità da parte del fisico.
Alcune ex guardie del corpo della star, inoltre, avevano appena rivelato nel libro “Elvis: What Really Happened” alcuni particolari sulle sue abitudini alimentari e sulla sua dipendenza da psicofarmaci.

Il libro avava urtato molto Presley che ne parlava continuamaente.
Fantasticava sull’attirare gli autori a Graceland per poi ucciderli.
Esposito ammetterà poi che Presley faceva anche uso di anfetamine e farmaci che servivano per curare gli sbalzi d’umore che Presley assumeva già dalla fine degli anni Cinquanta per poter sostenere il ritmo della vita da superstar.

La moglie Priscilla rivelerà che il cantante assumeva forti dosi di sonniferi dal 1962.
Solo nel 1977 il medico gli aveva prescritto diecimila dosi di medicine.
Ma è stato solo questo uso smodato di sostanze che ha portato alla tragica morte?
Ci sono state accuse e azioni legali contro la prima dichiarazione pubblica dopo l’esame autoptico e nel 1980 fu sospesa la licenza medica a Nichopoulus e gli sarà revocata definitivamente dieci anni dopo.

Presley, quindi, soffriva di diverse complicazioni fisiche: insonnia, stress, ritenzione idrica, problemi intestinali, ipertensione, arteriosclerosi cronica, danni al fegato.
Assumeva sonniferi ed eccitanti.
Si dice che negli ultimi giorni di vita assumesse l’equivalente di 10mila calorie al giorno (a un uomo adulto sono sufficienti, in media e a seconda dello stile di vita e dell’età, 1800 – 2600 calorie al giorno).
Nel 1975 era stato ricoverato per un blocco del colon.

Anche durante l’autopsia, i patologi avevano rivelato una costipazione intestinale.
Il 17 agosto 1977, un uomo che somiglia al Re viene avvistato all’aeroporto di Memphis. Compra un biglietto per Buenos Aires usando il nome di John Borrows, identità giaà usata dal cantante quando voleva prenotare una stanza in un albergo senza essere riconosciuto.
E’ solo i primo di moltissimi avvistamenti che daranno origine al mito della fuga della star.

Per i dottor Francisco l’ipotesi non è plausibile, dato che afferma di aver rimosso gli organi interni e i fluidi corporali e di averli mandati in un laboratorio scientifico affinchè osse possibile effetture i dovuti esami.
Il cuore e il cervello di Presley sono ancora custoditi al Memphis Memorial Hospital.

25 giugno 2009: Michael Jackson, la morte de “The King of Pop”

E’ il 6 marzo del 2009 quando il Re del Pop viene prosciolto dall’accusa di pedofilia.
Michael Jackson ha deciso di tornare alla ribalta con un tour di dimensioni ciclopiche.
L’annuncio viene dato da lui stesso durante un comunicato stampa a Londra.
Ad attenderlo, una folla in delirio.
Jackson arriva all’appuntamento con due ore di ritardo.

Entra in sala, alla O2 Arena, con un’andatura instabile, un paio di grandi occhiali, una chioma nera, camicia scintillante con particolari in oro e argento e un sorriso tirato.
La conferenza dura poco più di soli quattro minuti.
Jakson è sfuggente, teso.
Le ultime foto dei paparazzi lo ritraggono emaciato e malato: una, scattata in un bagno pubblico, lo ritrae in abiti da donna; l’altra in pigiama, su una sedia a rotelle e una masherina antismog a coprirgli parte del viso.

Continua a ripetere la frase “This Is It”, “Questo è quanto”, titolo dello show che sta per sostenere nella capitale del Regno Unito.
Dieci concerti in totale e tutti alla O2 Arena.
Prima data fissata per l’8 luglio.
E’ il tour che precede l’addio definitivo alle scene.
E’ un omaggio ai fan.

Jackson saluta facendo il gesto della vittoria e dicendo “Vi voglio bene, dovete saperlo”.
Il gruppo americano, la Aeg, proprietario dell O2 Arena, ha preteso una prova che dimostri la sua idoneità fisica e la possibilità di reggere in media tre ore a concerto.
Il gruppo ha ottenuto un’assicurazione nel caso in cui la star dovesse ammalarsi e cancellare le date.

Dal 13 aprile, i biglietti vengono messi in vendita sul sito ufficiale di Jackson e vengono esauriti nel giro di poche ore, così si decide di prolunare le serate alla O2 Arena.                                                                                  Saranno cinquanta.
La proposta degli organizzatori irrita il cantante, tornato alla sua residenza di Holmby Hills, sulle colline della città di Los Angeles.
Qui comincia il recupero fisico con un team di medici e personal trainer.

Jackson è occupato con sessioni di prova durissime insieme a musicisti e ballerini.
Il 25 giugno 2009, però, una notizia che trapela da TZM, un sito molto informato facente parte del gruppo AOL, rilascia la sconvolgente notizia: Michael Jackson è morto. Ha solo 50 anni.
La causa è attribuita a un arresto cardiaco che è sopraggiunto mentre era nella sua casa di Los Angeles.

Il social network Twitter va in tilt.
Mano a mano, tutti i siti di informazione confermano la notizia.
La news scuote moltissimo gli Stati Uniti, che hanno amato il Re del Pop fin d bambino.
Le televisioni interrompono i programmi per mandare in onda tributi a Jackson.
Che cosa è ccaduto?
A mezzogiorno e ventuno, viene registrara una chiamata al 911 da una casa di Beverly Hills: un uomo è stato colto da arresto cardiaco.

I soccorsi giungono sul luogo e trovano uno dei fratelli del cantante che dice di averlo visto crollare all’improvviso.
Jackson viene caricato in ambulanza e trasportato all’ UCLA Medical Center di Los Angeles, ma durante il tragitto il suo cuore si ferma per sempre. Le parole dei soccorritori ai medici sono: “Il paziente è Michael Jackson, il cantante. Niente pulsazioni, niente respiro. Non risponde. Il tentativo di rianimazione non è riuscito. Abbiamo fatto il possibile”.

Appena venti minuti dopo l’annuncio da parte dell’agenzia riguardante la morte di Jackson, una folla enorme si accalca sia davanti all’ingresso dell’ospedale sia l’abitazione del cantante.
Spiazzati, molti portano dei fiori e sono in lacrime.
Cosa ha causato la morte di un uomo che stava recuperando la sua forma fisica?

E’ vero, Jackson non ha mai nascosto il suo abuso di psicofarmaci e antidepressivi, che assumeva perchè ipocondriaco e insonne.
Il medico legale si concentra proprio sul suo uso smodato di farmaci, ma i familiari non credono alla morte naturale, accusando i vari medici che lo hanno preso in cura negli ultimi anni, rendendolo dipendente totalmente dai medicinali.

Terminato l’esame sul cadavere, l’anatomopatologo si limita a parlare di attacco di cuore, forse causato da un mix per via endovenosa di sedativi.
Con il legale della famiglia, Brian Oxman, viene dimostrato l’ intenso trattamento mediante farmaci a cui Jackson era stato sottoposto.
Il suo medico personale, assunto per riportarlo in un’ottimale forma fisica, diventa il principale sospettato:
La polizia tenta quindi di rintracciare il cardiologo di Houston, Conrad Murray.

L’auto del medico, trovata nel parcheggio della villa di Jackson, viene sequestrata in quanto potrebbe contenere delle prove. E’ stato lui a prescrivere i farmaci e in modo regolare? E’ stato lui a effettuare l’iniezione fatale?
Il dottore è irreperibile e ciò non fa altro che limentare ancora di più i sospetti.
Alcuni testimoni, inoltre, confermano che Murray è stato al fianco del cantante fino all’ultimo, rivelando che sia stato proprio lui a fare l’iniezione e che sempre lui, al momento del collasso, ha chiamato i soccorsi.

Appare in modo sempre più nitido che Jackson non sia morto per semplice infarto quanto da un uso smodato di farmaci.
Il sospettato numero uno è ancora Murray, il quale viene accusato di omicidio colposo.
Dopo sei mesi dalla scomparsa di Jackson, giunge la svolta: il 5 febbraio del 2010 il medico che ha effettuato l’autopsia sul corpo della star rende noti alcuni dettagli rilevati a poche ore dalla morte.

A causare l’improvviso infarto è stata una dose spropositata di Propofol, farmaco usato per anestetizzare i pazienti in sala operatoria.
La quantità è pari a quella di un soggetto che deve sottoporsi a un’operazione.
Il referto conferma che Jackson soffrisse di vitiligine, una malattia che causa la perdita di melanina, quindi la mancanza di colore in alcune zone dell’epidermide.
Si riscontrano dei tatuaggi vicino alle sopracciglia, un tatuaggio rosa vicino alle labbra, mancanza di capelli nella parte alta della fronte e piccole cicatrici sul naso, su una spalla, sul collo, sui polsi e sulla parte posteriore delle orecchie.

Inoltre, nella camera della star, non erano presenti apparecchi per il dosaggio dei farmaci o per interventi in caso di emergenza.
Murray, intanto, confess di aver somministrato a Jackson il Propfol per sei settimane prima del fatidico giorno e giurando di averlo avvertito per quanto riguardava la possibile dipendenza da questo.
Nei due giorni precedenti la morte, quindi, il medico aveva sostituito il medicinale con altri due: il Lorazepam e il Midazolam, non cedendo alle richieste della popstar.

Secondo l’esame autoptico, poi, il cantante avrebbe assunto Valium in due momenti diversi della notte nelle ore successive gli sarebbero stati somministrati altri farmaci.
La dose letale del farmaco arriva alle dieci equaranta del mattino quandoil cardiologo, estenuato, decide di assecondare la star iniettandogli il medicinale anche se ben a conoscenza dei rischi.

Ecco perchè non può essere considerato un incidente.
Aggravante è la negligenza del dottore di Houston che ha sottoposto Jackson a cure inappropriate: rischia una pena fino a un massimodi quattro anni di reclusione.
Joe Jackson, il padre intransigente e severo della star, presente in aula al momento delle accuse dichiara di essere deluso dalla leggerezza delle imputazioni nei confronti di Murray: secondo lui, il figlio è stato vittima di un complotto molto ben orchestrato.

La prima seduta del processo è fissata per il 5 aprile 2010.
Murray, che nel frattempo ha ripreso a esercitare la sua professione nello stato del Nevada pagando una cauzione di 75mila dollari, attende la sentenza.
Nelle sale di tutto il mondo, viene proiettato il film “This Is It”, un documentari commovente che ritrae Jackson entusiasta durante i mesi che precedettero quello che sarebbe stato l’ultimo colossale tour.

Ma…”Questo è quanto” davvero?
Le ipotesi più svariate sella morte, o presunta morte del cantante, si sprecano.
Secondo alcune voci, Jackson era convinto di essere perseguitato e confessò questa sua paura proprio poco prima di morire.
La foto scattata alla bara aperta in cui era adagiato il corpo dell’artista, sarebbe una foto della salma di James Brown con il volto ritoccato con una foto del Re del Pop.

Anche la foto scattata al cadavere sarebbe un falso, in quanto ritrae un Michael Jackson troppo somigliante alla star nelle sue sembianze più giovani.
Un selfie scattato dalla figlia Paris, in auto, mostra una figura non ben identificata alle sue spalle. Che si tratti di suo padre?
In un video amatoriale, sempre girato dalla figlia, si udirebbe una risata in sottofondo davvero molto simile a quella della star.

Il Michael Jackson che è apparso a Londra per comunicare ai fan l’ultima colossale tournée, sarebbe una controfigura, in quanto il personaggio apparirebbe troppo imbarazzato e con delle movenze non proprie dell’artista: dagli atteggiamenti al tono di voce, tutto lascia forti dubbi.
Durante un’intervista nel programma “Larry King Live”, successiva alla morte del cantante, appare l’amico di Jackson, David Rothenberg.
Egli era da moltissimo tempo un caro amico della star che gli si era affezionato dopo che il padre gli aveva gettato della benzina addosso dandogli fuoco.

Oltre il 90 % del suo corpo era rimasto ustionato.
Secondo alcuni fan, quello che appare in video non è Rothenberg ma Jackson che, sotto mentite spoglie, farebbe capire ai fan di essere vivo.
Infatti, molti caratteri di Jackson sarebbero visibili nella conformazione del volto, negli atteggiamenti e nel timbro della voce.
Diverse volte, inoltre, il cantante aveva manifestato il disagio della vita frenetica e stressante, manifestando il desiderio di trasferirsi negli Emirati Arabi per vivere in incognito come un normale cittadino.
Il mistero continua.

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