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Linkin Park, i segreti e le origini di “Hybrid Theory”

Il 24 ottobre 2000 la storia del rock si arricchiva di un nuovo album destinato a scrivere la storia della musica. E non solamente del rock, ma anche del metal, del Nu Metal e del rap metal. Stiamo parlando di Hybrid Theory, il primo album in studio dei Linkin Park, trainati da uno straordinario Chester Bennington alla voce e Mike Shinoda nelle parti rappate. Il disco fu un successo mostruoso, oltre 27 milioni di copie vendute, 78° album più venduto nella storia e lavoro più influente in termini di vendite del genere Nu Metal. Ma quali sono i segreti di Hybrid Theory?

Eventi precedenti

La band aveva già pubblicato un EP omonimo nel 1999, ma ancora non aveva pubblicato il “pezzo grosso“. Si fecero però notare, a seguito della loro esibizione nel celebre locale Whisky a Go Go, dalla Warner Bros. Records, in particolare grazie ai consigli di Jeff Blue, produttore che si era unito da poco alla casa discografica.

Il tempo di farsi seguire da un nuovo produttore al missaggio (Andy Wallace) e si poteva già iniziare a lavorare. In realtà, molti brani erano già pronti, ma Mike Shinoda non era molto convinto delle parti rappate, così decise di riscriverle quasi tutte, riprendendo alcuni lavori precedenti (quando si faceva ancora chiamare Xero).

Chester Bennington

L’ormai ex voce dei Linkin Park era legato da un rapporto di amore e odio con Mike Shinoda. I due non sempre condividevano le stesse passioni e influenze musicali e per questo motivo spesso nascevano svariate discussioni. Chester però nutriva grande ammirazione per Shinoda, tanto da dire: “il rap di Mike è stato davvero buono [in quel disco], e ho sentito di poter migliorare le melodie, soprattutto nei cori […] qualcosa mi ha detto che questo disco era il biglietto d’oro per entrare nella fabbrica di cioccolato di Willy Wonka.

I testi del disco sono molto vicini al carattere autobiografico in quanto parlano dei problemi con cui Chester Bennington ha avuto a che fare durante l’infanzia e l’adolescenza. Si parla di violenze sessuali, pesante abuso di droghe e di alcol, il divorzio dei suoi genitori e situazioni di depressione.

Il nome del disco

Ma perché Hybrid Theory? Perché proprio quel nome? Indubbiamente la band desiderava ispirarsi (parzialmente) al mood dei Depeche Mode e allo stile grafico dello storico grafico della band di Gahan e compagni, ossia Anton Corbijn. Ma Mike Shinoda decise di fare da sè.

Shinoda pensò che il concetto di musica ibrida fosse il miglior modo per rappresentare ciò che stavano facendo. Era la tendenza del momento, ma per loro non era solamente una moda, dato che fondevano metal, rock, rap hardcore e influenze elettroniche/new wave. Fu anche Shinoda a disegnare la copertina dell’album, con un soldato dalle ali di libellula, chiaro simbolo dell’ibridazione tra l’aggressività metal e la leggerezza/orecchiabilità tipica dell’hip hop.

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