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Canzoni sulla Shoah: i migliori brani per ricordare l’Olocausto

La Giornata della Memoria è una giornata fondamentale. Il messaggio che viene lanciato all’interno della stessa è chiaro: mai più dovranno essere compiute le atrocità che hanno riguardato le popolazioni sterminate nell’ambito dell’Olocausto. La storia, dunque, attraverso tutte le sue possibili manifestazioni, si è fatta veicolatrice di un messaggio chiaro e universale: solo conoscendo si possono evitare gli stessi errori, e qualsiasi traccia di quella che fu la Shoah è essenziale per la conoscenza della stessa. Abbiamo raccolto, per questo motivo, alcune canzoni sulla Shoah per permettere che la memoria non venga mai meno.

No Love Lost dei Joy Division

Prima delle canzoni sulla Shoah che andiamo a prendere in considerazione è No Love Lost dei Joy Division. Il brano della band capitanata da Ian Curtis descrive perfettamente, attraverso l’ispirazione al romanzo La casa delle bambole – di cui cita anche qualche passo – di Ka-tzetnik 135633 (Yahiel De Nur), la realtà dei campi di concentramento attraverso una sua parte fondamentale: i Joy Divisions.

In effetti, il nome della band è la traduzione del termine tedesco Freudenabteilung: si tratta dei bordelli che erano presenti all’interno dei campi di concentramento stessi, adibiti ad alleviare le sofferenze provate dai deportati. De Nur fu un importantissimo testimone della realtà dei campi, non soltanto grazie al suo romanzo, ma anche grazie alla partecipazione al processo contro Eichmann a Gerusalemme.

Red Sector A dei Rush

Ben più ampia di significato è la realtà descritta dai Rush all’interno di Red Sector A, brano contenuto all’interno dell’album Grace Under Pressuredel 1985. Il riferimento della formazione canadese è quello all’area di lancio della NASA, a dimostrazione del fatto che il brano non riguardi solo ed esclusivamente la realtà dei lager nazisti.

Ogni contesto di prigionia, di brutalità e di violenza è protagonista di questo brano, in cui trovano traduzione musicale le esperienze dirette vissute dalla madre di Geddy Lee, polistrumentista della band.

Aushwitz di Francesco Guccini

E’ uno degli esempi più nobili di canzoni sulla Shoah, non soltanto nel panorama italiano ma internazionale. Al di là della controversia riguardante l’attribuzione del brano a Guccini, che non era ancora iscritto alla SIAE quando pubblicò il suo capolavoro, Aushwitz è una canzone che ha bisogno di ben poche note di spiegazione. Perfetta nel suo messaggio, ispirata al romanzo autobiografico Tu passerai per il camino di Vincenzo Pappalettera.

With God On Our Side di Bob Dylan

Anche Bob Dylan ha dedicato una canzone alla realtà dei campi di concentramento e della Shoah, insieme a ogni altra tragedia che abbia riguardato la storia umana. La delicatezza e la profondità del testo raggiungono un’elevazione tale che il brano raramente venne eseguito dal vivo.

Il Dio di cui si parla all’interno della canzone di Dylan, è frutto di una visione umana e personale, da cui parte ogni miseria e tragedia. Le guerre mondiali, la guerra fredda, lo sterminio dei nativi americani o la morte di sei milioni di ebrei sono tutti esempi che il cantautore inserisce all’interno del suo brano.

Angel of Death degli Slayer

Ben più cruda e mirata è la situazione descritta dagli Slayer all’interno della loro Angel of Death, ritenuta una delle canzoni più riuscite all’interno della discografia degli statunitensi.

Protagonista del brano è l’angelo della morte, appellativo con cui veniva soprannominato il chirurgo Josef Mengele, che si macchiò di atroci delitti nel contesto della Shoah. Operazioni senza anestesia, cambiamenti di sesso, iniezioni di germi o qualsiasi altro esperimento su pazienti-cavie era parte del suo modus operandi. Le notizie, macabre, riportate sul suo operato hanno sconvolto il mondo.

Story of Isaac di Leonard Cohen

Ultima delle canzoni sulla Shoah che andiamo a prendere in considerazione è Story of Isaac di Leonard Cohen, che può ritenersi la canzone perfetta sul tema. Isacco è biblicamente conosciuto da tutti, così come il destino a cui è sottoposto per un volere divino a cui Abramo – suo padre, che decide di ucciderlo – decide di sottostare. Ora, dimenticandosi per un attimo del provvidenziale intervento dell’angelo che fermò la mano di Abramo, basti soffermarsi a quanto passivo e pio sia il gesto di un uomo che, pur di rispettare uno schema, decide di uccidere suo figlio. E’ quello stesso schema, che non parte da un Dio ma da un’ideologia, che portò allo sterminio di così tante persone.

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