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Space Oddity: l’alienazione di Major Tom e David Bowie

Analizzare una canzone a volte è molto più semplice che comprenderne, profondamente, il senso. Si può partire dai dati contestuali e storici. Oppure addentrarsi nelle intenzioni intrinseche dell’artista. E anche in quel caso, molto spesso, non si arriva al nocciolo significante del brano. Caso emblematico è Space Oddity, singolo di David Bowie uscito l’11 Luglio del 1969. Tra atmosfere e suggestioni rock psichedeliche, la partenza e l’allunaggio di un personaggio chiamato Major Tom si colorano di un senso squisitamente personale di alienazione e solitudine, che tuttavia Bowie non ha voluto mai spiegare fino in fondo.

Il brano, la storia e il senso

Nel 2013 un’emblematica recensione sul Sunday Times riportava “Space Oddity, con il suo ossessivo isolamento, la sua purezza asessuata e la sua passività, annunciava la fine dei dionisiaci anni sessanta”. David Bowie – dopo una serie di singoli deludenti e un album d’esordio uscito in sordina – pubblica uno dei suoi brani più iconici e rappresentativi. L’11 Luglio 1969 il cantante presenta al mondo Major Tom, il protagonista di una storia che attinge tanto a fatti reali quando a sensazioni totalmente personali.

Il primo dato concreto è la fine della relazione tra David Bowie e Hermione Farthingale, proprio il giorno prima che il cantante eseguisse la prima registrazione di Space Oddity. Il senso di impotenza – Planet Earth is Blue, And There’s Nothing I can Do – di allontanamento, di solitudine e alienazione permeano l’intero pezzo. Major Tom – un personaggio in cui, per sua stessa ammissione, David Bowie non poteva fare a meno di identificarsi – fluttua in un dimensione atemporale, bloccato in una paralisi straniante – Though I’m Past One Hundred Thousands Miles / I’m Feeling Very Still – che lo fa sentire lontano dalla realtà rassicurante che una volta conosceva.

David Bowie rimase sempre molto vago sul significato profondo di Space Oddity. Disse all’epoca che parlava di alienazione e poi nel 2002, in un’intervista per Mojo, affermò che esprimeva la sensazione del sentirsi soli. Il senso del brano ha sicuramente più chiavi di lettura diverse e varia a seconda di quale punto di riferimento si prenda. La fine della relazione con Hermione nel 1969 suggerisce un senso di rassegnazione e sofferenza. Un senso latente di nevrosi e mania del controllo indicherebbe la paura di essere gettati in un mondo sconosciuto, alieno. Tanto l’universo storicamente connotato quando la realtà ostile fuori dal grembo materno. Infine, una sottocorrente interpretativa, vede in Space Oddity anche un riferimento all’uso di sostanza stupefacenti.

Le dichiarazioni di David Bowie

Con riferimento all’interpretazione che vede, nel fluttuare atemporale e oltre lo spazio del protagonista, un riferimento all’uso di droghe, David Bowie rilasciò alcune dichiarazioni. Ammise che nel 1968 era stato attratto dal mondo di esperienze nuove che gli avrebbe potuto spalancare l’eroina. E poi, nel 1980, tornò sull’argomento per il New Musical Express. “C’era la grande esplosione tecnologica americana che ha spinto questo ragazzo nello spazio […] ed è lì che l’ho lasciato – dirà Bowie – Una volta accortosi che l’intero processo è decaduto è entrato in un ciclo di decomposizione. Ma lui vuole tornare nel rassicurante grembo, sulla Terra […] Si tratta di uomini dello spazio diventati dei drogati”.

Space Oddity racchiude quindi, in ultima analisi, una serie caleidoscopica di suggestioni che è impossibile ridurre ai minimi termini. Il dolore per la fine di una storia d’amore, che fa sentire soli. L’alienazione straniante di un animo sensibile nella realtà contemporanea. L’arrivo dell’uomo sulla luna, su un corpo celeste che fa nascere il desiderio di tornare a casa. Il bisogno mai sopito, ingenuo e fanciullesco dell’uomo, di tornare nel rassicurante grembo materno, l’unico luogo dove ci si sentiva sicuri.

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