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Top 5 album di Elvis Presley

Elvis Presley, malgrado una carriera relativamente breve se comparata ad altri artisti “storici”, durata dal ’54 al ’77, ossia venti tre anni, è stato veramente molto prolifico. Quando era ancora in vita sono stati pubblicati ben sessantuno album, tra registrazioni in studio, live, colonne sonore e raccolte di pezzi uscite solo in formato da quarantacinque giri. Cerchiamo di capire quali sono stati i cinque più influenti, valutando vendite, pezzi, momento storico e piazzamenti in classifica.

“Elvis Presley” 1956

Si tratta del primo album pubblicato da Elvis una volta passato alla RCA, dopo aver pubblicato i suoi primi singoli per la Sun Records di Memphis, l’ettichetta di Sam Philips che scoprì tra gli altri anche Johnny Cash e Jerry Lee Lewis. L’album contiene dodici canzoni tra cui alcune rimaste storiche come “Blues Suede Shoes” e “Tutti Frutti”, cover rispettivamente di Carl Perkins e Little Richard, ma rese note al grande pubblico da Elvis. L’album raggiunse il primo posto in classifica sia negli Stati Uniti che in Inghilterra, travolgendo e sconvolgendo la vita di moltissimi adolescenti, anche di future rock star come i Beatles, Elton John e David Bowie. “Perla nascosta” dell’album: “Trying to Get to You”.

“Elvis Is Back!” 1960

Questo fu il primo disco pubblicato al rientro dal servizio militare. In molti, tra cui Elvis stesso, temevano che i due anni in servizio avessero intaccato la sua popolarità. Ben presto le preoccupazioni si rivelarono infondate e l’album presto raggiunse il milione e quattrocentomila ordini prima che fosse messo sul mercato. Raggiunse il numero uno in Inghilterra e il numero due in USA, posizione che mantenne per cinquantasei settimane. I brani contenuti sono un mix di cover ed inediti, con un riuscito connubio di brano ad influenza rock’n’roll e rhythm and blues ed altri più pop. “Perla nascosta” dell’album: “Reconsider Baby”.

“Elvis” 1968

L’importanza di questo album è legata soprattutto allo show a cui legato ossia lo speciale di Natale della NBC del 1968, presto rinominato “Elvis’ Comeback Special”. Negli anni ’60 infatti la popolarità di Elvis aveva iniziato a calare leggermente, complice l’entrata sulla scena musicale delle grandi band degli anni ’60. Così nel 1968 si mise in gioco con questo speciale che tecnicamente era di Natale, ma che insieme al regista decisero di rendere universale per così dire, andando contro al volere del manager di Elvis, il colonnello  Tom Parker. Lo spaciale Tv, che tra l’altro era la prima esibizione davanti ad un pubblico live di  Elvis dal 1961, fu il più visto dell’anno sulla NBC e le vendite dell’album furono ottime, rilanciando Elvis ad altissimi livelli. L’album contiene la reinterpretazioni dei più grandi successi più gli inediti “If I Can Dream” e “Memories”. “Perla nascosta” dell’album: “Baby What You Want Me To Do”.

“That’s The Way It Is” 1970

Quest’album fu registrato dal vivo a Las Vegas nel 1970, per catturare l’elettricità delle performance live di Elvis. Lo stesso lavoro era stato fatto l’anno prima, il 1969, che aveva sancito il ritorno agli spettacoli dal vivo, con gli album “From Memphis to Vegas” e “On Stage”. “That’s The Way It Is” al confronto ebbe un maggiore successo commerciale, soprattutto grazie all’uscita in contemporanea con il docufilm omonimo uscito nei cinema  e nel quale furono impresse su pellicola performarce eclatanti come quelle di “Suspicious Mind” e “Polk Saled Annie” (non incluse nell’album perché già uscite nei dischi sopracitati). “Perla nascosta” dell’album “You’ve Lost That Lovin’ Feelin’”.

“Aloha From Hawaii Via Satellite” 1973

Non poteva mancare questo album dal vivo registrato durante quello che è probabilmente il picco più alto della carriera di Elvis, ossia l”Aloha From Hawaii Via Satellite”, il primo concerto ad essere trasmesso via satellite in tutto il mondo con più di un miliardo di spettatori, più di quelli dello sbarco sulla luna.  Arrivò primo in classifica in USA e contiene tutti i brani eseguiti durante lo show, in tutto ventidue, più “Così Parlò Zarathustra”  di Strauss, usato come introduzione ai live negli anni ’70.  “Perla nacosta” dell’album: “An American Trilogy”.

 

 

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